Economia

Il piano di rientro del Portogallo pessimo segnale per i paesi “a rischio”

Il Portogallo ha approvato il suo “piano di rientro”, lodato da Ue e Fmi. Ai dipendenti tolta tredicesima e quattordicesima. Eliminati quattro giorni festivi. Aumentata l’Iva. L’inflazione galoppa. Ricorda qualcosa?

 

Fatto. Venerdì il budget per il 2012 è stato approvato, voto a favore del centro- destra, astensione dei socialisti e voto contrario del Bloco de Esquerda e del Partido Comunista. Un solo principio alla base del nuovo pacchetto di misure: ridurre, drasticamente, l’intervento regolatore dello stato nell’economia. La chiamano austerità ma a noi non sembra sia questo il termine più appropriato: austerità rimanda a qualche cosa di temporaneo, mentre i tagli del governo guidato dal «socialdemocratico» José Passos Coelho, al di là delle parole, sembrano proprio essere definitivi.
Misure che, più che dall’austerità, sembrano essere ispirate da una sorta di vendetta, la vendetta di quella classe dirigente che, con la Rivoluzione dei garofani del 25 aprile ’74, si era sentita derubata di ciò che durante 50 anni di dittatura aveva considerato un suo diritto inalienabile: essere al di sopra della legge, o, per meglio dire, essere la legge.
È solo in questo quadro che possono essere interpretati provvedimenti non solo ingiusti, ma anche controproducenti per tutti, anche per quelle élite che con tanta determinazione sostengono misure tanto dolorose quanto violente (dopotutto ce l’aveva già spiegato Max Weber, un secolo fa che l’homo oeconomicus è una pura invenzione).
La demagogia è tanta, il governo taglia ai dipendenti pubblici il sussidio di natale e di ferie, cioè tredicesima e quattordicesima, come a dire: non taglio nei salari (già tagliati del 10% dal governo socialista) ma nei sussidi, in quel di più che fino ad adesso vi è stato concesso ma a cui, durante questo periodo di quaresima, potete fare a meno. In sostanza è un bel 30% in meno che i portoghesi riceveranno a partire da ora, ma è un calcolo che deve intendersi per difetto perché questo è un governo cattivo che colpisce, come colpisce un pugile scorretto, sotto la cintura. L’aumento dell’Iva, dei trasporti pubblici, la riduzione consistente dei servizi, tutto, senza pietà. Passos Coelho dice di volere tagliare del 45% le spese dello stato: una vera controrivoluzione che riporterebbe lo stato portoghese all’ottocento. Ma non basta, si vuole abolire il passe sociale dei trasporti per anziani e studenti, si aumenta di mezz’ora l’orario lavorativo, si vogliono eliminare ben 4 giorni festivi, due religiosi e due laici, par condicio! E non è tutto, perché il governo, in questo piano, ha un altro grande alleato: l’inflazione! Solo quest’anno, i prezzi aumenteranno di ben il 4,2%. La voce più consistente sarà data dall’aumento di gas e luce, poi gli affitti che, non si è mai bene capito perché, contrariamente ai salari, hanno diritto e legittimità a essere «ancorati» all’aumento del costo della vita.
Come è facilmente immaginabile nulla è chiesto ai responsabili della crisi, agli amministratori delle banche, che con la loro gestione criminale hanno obbligato lo stato a dichiarare fallimento. Eppure, dovrebbe essere chiaro a tutti che, nella società più disuguale d’Europa, tra gli sfruttati oramai si può raggranellare davvero poco. I soldi sono da tempo concentrati nelle mani di pochi che, proprio per la grande quantità di denaro in loro possesso, hanno anche il potere di rifiutarsi di contribuire al «risanamento dei conti pubblici».
Gli amici europei del governo Coelho si dicono entusiasti: da Sarkozy a Junker passando per la Merkel e la onnipresente Christine Lagarde, sono solo parole di lodi nei confronti di un governo che, a parer loro, «sta facendo bene». E i giornali portoghesi ringraziano.
Le voci fuori dal coro quasi non esistono, o sono molto flebili: tutti si dicono convinti che i «portoghesi abbiano vissuto al di sopra delle loro possibilità». Certo, per alcuni la traduzione in provvedimenti concreti di questo concetto avrebbe potuto essere differente, ad esempio i socialisti sottolineano un eccesso di ideologia nella foga con cui gli impiegati pubblici vengono colpiti, ma tutto sommato «il cammino è quello».
Poi ci sono loro, i miserabili, coloro che dopo il 25 aprile hanno avuto il coraggio di alzare la testa e guardare i loro padroni negli occhi. Per loro c’è poco da fare, il 24 prossimo ci sarà lo sciopero generale ma tutti sanno che il potere di contrattazione dei lavoratori è oggi sostanzialmente nullo.

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