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Lettera a Babbo Natale: perché i ricchi in Italia non pagano?

Venti  docenti  di  economia  chiedono  a  Monti  perché  la ricchezza  “liquida”  ‐  titoli,  depositi,  investimenti  finanziari  ‐  sfugge  del  tutto  alla  manovra.  È annullata  così  la  pretesa  di  equità  con  cui  il  governo  si  era  presentano  agli  italiani.  Una  brutta storia di Natale, su cui vale la pena discutere.

Spett. Direttore, i firmatari di questa lettera sono tutti docenti universitari di economia. Chiediamo ospitalità  ad  alcuni  giornali,  fra  cui  il  suo,  per  rivolgere  al  Presidente  Monti  una  domanda  che riteniamo piuttosto importante. Ci auguriamo che lui stesso o qualche altro esponente del governo vorrà darci risposta.

La  domanda  è  questa:  perché  nella  manovra  economica  da  poco  approvata  non  è  presente  una seria tassazione di tipo patrimoniale della ricchezza mobiliare? Si tratta di un’assenza conturbante, in quanto questo provvedimento avrebbe alcuni ovvi vantaggi. In primo luogo potrebbe fornire un gettito sostanzioso: secondo i dati ufficiali dell’Associazione Italiana Private Banking, “Il valore della ricchezza investita nel private banking in Italia nel 2010 ha superato i livelli pre‐crisi, al livello più alto da sempre, con 896 miliardi”. Questa naturalmente è solo una parte dell’imponibile. Aliquote anche molto miti consentirebbero di mantenere inalterata l’indicizzazione delle pensioni, con ovvi guadagni di equità e riducendo drasticamente gli effetti recessivi della manovra. Infine è il caso di sottolineare  il  guadagno  di  consenso  che  il  governo  ne  ricaverebbe,  per  effetto  della  maggiore equità del prelievo complessivo della manovra; ed è noto come il consenso sia un capitale prezioso nei momenti di difficoltà.

Ciò che soprattutto ci preoccupa come economisti è però che accanto a questi ovvi effetti positivi non  riusciamo  a  vederne  di  negativi.  In  altri  termini,  ci  sembra  che  non  vi  sia  alcun  motivo  di efficienza  che  possa  giustificare  l’assenza  del  provvedimento  che  auspichiamo.  È  diffusa  fra l’opinione pubblica la convinzione che tale assenza dipenda solo da ragioni di iniquità, e cioè dalla volontà  di  proteggere  i  redditi  alti  scaricando  il  peso  del  riequilibrio  dei  conti  su  quelli  più  bassi.

Vogliamo sperare che non sia così; ma per fugare ogni dubbio è essenziale che il governo fornisca una spiegazione chiara e convincente. E anche sincera. Una motivazione che circola ufficiosamente, e  cioè  che  non  sia  possibile  sapere  dove  si  trova  la  ricchezza  mobiliare,  è  smentita  dai  dati  che abbiamo citato più sopra, nonché da quelli forniti dalla relazione della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane nel 2010. Né si può dire che la manovra così com’è preveda implicitamente un  serio  intervento  sulla  ricchezza  mobiliare:  il  gettito  proveniente  dalla  tassazione  dei  capitali scudati  e  dei  beni  di  lusso  ammonta  solo  al  6%  della  manovra  complessiva  netta,  e  al  4%  delle maggiori entrate. Neanche la motivazione che non è possibile tassare la ricchezza mobiliare perché questa  fuggirebbe  all’estero  è  credibile.  Come  dimostrano  i  dati  sul  private  banking,  la  ricchezza mobiliare  dei  cittadini  italiani  più  ricchi  è  enorme,  e  non  è  certamente  una  tassazione  con  una piccola aliquota che li indurrebbe a trasferirne surrettiziamente la proprietà a prestanome stranieri.

Al rischio che una patrimoniale di tal fatta possa colpire anche i risparmi della classe media si può facilmente  porre  rimedio  stabilendo  un’equa  quota  esente,  che  renderebbe  oltretutto  l’imposta progressiva.  Possibili  problemi  di  liquidità  per  il  pagamento  dell’imposta  sarebbero  facilmente evitabili concedendo adeguate (ma non eccessive) rateizzazioni.

In sostanza, ci sembra che ci siano molti argomenti a favore di una tassazione con un’aliquota non predatoria  dei  grandi  patrimoni  mobiliari,  che  non  ci  siano  validi  argomenti  contrari  sul  piano dell’efficienza  economica  e  che  non  vi  siano  rilevanti  ostacoli  di  natura  tecnica  tali  da  impedirne l’adozione. Un chiarimento sulle ragioni della sua assenza dalla manovra sarebbe quindi opportuno.

Confidando in un’autorevole risposta, e ringraziandoLa per la sua ospitalità,

Giovanni Balcet (università di Torino)
Piervincenzo Bondonio (università di Torino)
Roberto Burlando (università di Torino)
Paolo Chirico (università di Torino)
Ugo Colombino (università di Torino)
Alessandro Corsi (università di Torino)
Bruno Dallago (università di Trento)
Silvana Dalmazzone (università di Torino)
Aldo Enrietti (università di Torino)
Mario Ferrero (università del Piemonte Orientale)
Magda Fontana (università di Torino)
Ugo Mattei (università di Torino)
Letizia Mencarini (università di Torino)
Guido Ortona (università del Piemonte Orientale)
Matteo Richiardi (università di Torino)
Lino Sau (università di Torino)
Francesco Scacciati (università di Torino)
Roberto Schiattarella (università di Camerino)
Vittorio Valli (università di Torino)

Fonte: www.sbilanciamoci.info – 21.12.11

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