Tutto come previsto. L’Unione europea raggiunge un accordo sul nuovo Patto di bilancio imponendo regole di rigore comuni sui conti, mentre sulla crescita e sull’occupazione rimane al palo. C’è solo la riproposizione di una ottantina di miliardi già previsti dal bilancio (otto per l’Italia) e la cui destinazione sarà più rapida. Resta il nodo della Grecia e del fondo salva-Stati. Nessuna decisione, invece, sulla Tobin tax.
L’intesa sul nuovo Fiscal compact ha richiesto un negoziato piuttosto serrato, alla fine del quale solo 25 stati membri l’hanno sottoscritto: oltre che la Gran Bretagna – fuori fin dall’inizio – a sorpresa anche la Repubblica Ceca non ha messo la firma.
Il pareggio di bilancio diventa una “regola d’oro” per i 25 paesi della Ue ciò vuol dire che l’obbligo dell’equilibrio dei conti entrerà nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti. In più, sono previste sanzioni “semi-automatiche” in caso di violazione. I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnati inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l’anno, un vero e proprio salasso. Si terrà però conto – come chiesto dall’Italia – dei cosiddetti fattori attenuanti già previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica. L’accordo sul nuovo Patto è stato tenuto in sospeso per alcune ore dalla Polonia, che – contestata dalla Francia – chiedeva di partecipare a tutti i summit dell’Eurogruppo. Alla fine ha prevalso un compromesso: gli eurosummit sono stati portati da due ad almeno tre l’anno, e uno di questi sarà aperto ai paesi non-euro. Il compromesso non è però bastato a Praga, che ha anche problemi interni. I leader riuniti a Bruxelles, paralizzata dalla prima neve e da uno sciopero generale contro i sacrifici, hanno dato il via libera alla creazione del fondo salva-stati permanente Esm, che dal primo luglio sostituirà quello provvisorio Esfm. La decisione sulle risorse, però, (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi), è stata rinviata al primo marzo.
La difficoltà della Grecia a raggiungere un accordo con i creditori privati e le polemiche suscitate dal documento tedesco che chiede un commissariamento di fatto di Atene, sono stati i nodi irrisolti: la questione è stata discussa “informalmente” a cena, dopo voci non confermate che si sono rincorse per tutto il pomeriggio su un nuovo summit dell’Eurogruppo l’8 febbraio interamente dedicato al caso greco. A ricordare che non c’è solo la strada dell’austerità, ci hanno pensato i sindacati belgi che hanno presentato simbolicamente il primo eurobond ai capi di Stato e di governo. Mentre il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz ha reiterato la richiesta di Strasburgo di introdurre subito una Tobin tax sulle transazioni finanziarie. Il presidente della Commissione Ue ha presentato un rapporto dettagliato sulle prossime tappe per la crescita e l’occupazione che abbonda di freccette e grafici, ma scarseggia di risorse. Bruxelles è pronta però ad accelerare l’impiego dei fondi europei non spesi: un tesoretto di 82 miliardi entro il 2013, di cui otto miliardi per l’Italia, che dovranno essere destinati a progetti di creazione di posti di lavoro soprattutto giovanile. Barroso ha proposto di inviare un team di esperti della Commissione in Italia e in altri sette Paesi ad alta disoccupazione, tra cui Grecia e Spagna, che lavorerà con governi e parti sociali per valutare progetti di lavoro anche con l’aiuto dei fondi Ue non spesi.
Partecipazione: Tutti i paesi della Ue, tranne la Gran Bretagna e la Repubblica ceca. Londra si è tirata fuori fin dall’inizio, Praga a sorpresa, all’ultimo momento, ma potrebbe ancora rientrare.
Pareggio di bilancio: Il contratto tra i 25 introduce la regola d’oro del pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali e/o in legislazioni equivalenti e prevede “sanzioni semiautomatiche” contro ogni “violazione del criterio dell’avanzo”. L’equilibrio è definito come un deficit strutturale (al di fuori degli elementi eccezionali e del pagamento degli interessi sul debito) ad un livello massimo dello 0,5% del Pil. Per i paesi che hanno un debito al di sotto del tetto del 60% del Pil il margine di tolleranza sale all’1%. Le procedure potranno essere bloccate solo con una maggioranza qualificata contraria (85%). I governi hanno un anno di tempo a partire dall’entrata in vigore del Trattato per mettere in atto le nuove norme sul pareggio.
Sanzioni: La Corte di giustizia Ue potrà imporre sanzioni fino a un massimo dello 0,1% del Pil ai Paesi che non introdurranno l’obbligo del pareggio di bilancio nelle norme nazionali. Le multe “dovranno essere versate all’Esm”, il fondo salva-Stati permanente che dal primo luglio prossimo subentrerà all’Efsf. A decidere un importo delle ammende “adeguate alle circostanze” sarà la Corte di giustizia Ue e la sanzione pecuniaria potrà scattare quando il Paese al centro della procedura risulterà recidivo, ovvero colpevole di non aver rispettato una prima sentenza di condanna emessa dalla stessa Corte. Il potere di denunciare ai giudici europei un Paese indisciplinato potrà essere esercitato sia dalla Commissione europea che da un altro Paese della zona euro firmatario dell’accordo.
Il ritmo di rientro: Il Patto prevede l’obbligo di rientrare verso il tetto del 60% del Pil al ritmo di 1/20 l’anno per la parte eccedente. Il testo fa riferimento al ‘six pack’ in cui si menzionano gli altri «fattori rilevanti» che concorrono a determinare la sostenibilità di medio periodo (indebitamento privato, spesa pensionistica, attivo patrimoniale).
Le condizioni dell’assistenza: L’avvio di nuovi programmi di assistenza finanziaria attraverso l’intervento dell’Esm sarà condizionato alla ratifica del nuovo Trattato da parte del Paese interessato. Il Patto diventerà operativo il primo gennaio 2013, non appena “sottoscritto da almeno 12 Paesi membri dell’euro” ed entro cinque anni le nuove regole devono rientrare nella cornice dei Trattati Ue esistenti.
Fonte: Controlacrisi – 31/01/2012
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