“Un accordo che modifica o interviene sull’Art.18 la Cgil non lo firma”. Maurizio Landini che oggi ha chiuso i lavori dell’assemblea dei delegati della Fiom alla sala Atlantico di Roma è costretto a sottolineare con forza la posizione del sindacato sull’argomento più scottante in questo momento. Poco prima dal palco era intervenuto Danilo Barbi, della segreteria nazionale della Cgil, che non aveva proprio dato l’impressione, per la gran parte del suo intervento, di essere un appassionato difensore della madre di tutte le tutele. Una tiepidezza contestata dalla sala che ha scandito con forza la richiesta dello sciopero generale.
Il momento è delicato. I rapporti tra Fiom e Cgil sono ad un punto di svolta. E non è un caso se nell’intervento di apertura il leader della Fiom non cita quasi mai il sindacato di Susanna Camusso. Più che un glissare è un atteggiamento di prudente attesa, che non arriva, come richiesto da Giorgio Cremaschi, a chiedere il ritiro della Cgil dal tavolo di palazzo Chigi. Da una parte la Fiom sembra voler incassare la tenuta della Cgil sull’Art. 18 e sugli ammortizzatori sociali, dall’altra sa benissimo che su tutto il resto delle partite aperte in questo momento ci sarà da penare: Fiat e contratto nazionale, innanzitutto. Questa cautela però non impedisce a Landini di chiudere con una grande standing ovation tributata dai 500 delegati che hanno occupato in ogni ordine di posti la struttura a due passi dal Palalottomatica.
In ballo c’è anche la questione degli ammortizzatori sociali, che fino ad oggi vengono difesi anche dalla Cisl, per lo meno per quel che riguarda la cassa integrazione straordinaria. Ci sarà uno scambio? Forse è questo ciò a cui stanno pensando Mario Monti e Elsa Fornero. Ma anche qui arriva il no di Barbi, e anche della Fiom.
Per la Fiom, l’Art. 18 “non è oggetto della trattativa” tra le parti sociali e il governo per la riforma del mercato del lavoro e, ha aggiunto Landini, “deve essere tolto dal tavolo”. L’unico aspetto che “può essere affrontato è quello che riguarda la durata dei processi”, al fine di velocizzare i tempi. “Non si può dire di voler ridurre la precarietà e allo stesso tempo togliere l’articolo 18 – aggiunge Landini -. Non vorrei che si concretizzi il rischio per cui alla fine del confronto ci ritroviamo tutti precari”. C’è, invece, un altro articolo che secondo la Fiom “andrebbe cancellato”. Ed è l’articolo 8 della manovra di Ferragosto. “Se il governo vuole difendere il lavoro deve cancellare questa norma e fare una legge sulla rappresentanza”.
E se il negoziato sulla cosiddetta flessibilità dovesse passare la patata bollente al Parlamento, come fa capire senza troppi complimenti Pier Luigi Bersani, la Cgil sarebbe pronta allo sciopero generale? La Fiom sì, e dall’assemblea è arrivato un segnale chiaro. E non solo perché c’è già la data del 9 marzo. Ciò a cui stanno pensando i metalmeccanici della Cgil è, intanto, una grande assemblea nazionale con il precari (intervenuti durante l’assemblea di oggi) e poi di dare vita a tutta una serie di “vertenze” nei luoghi di lavoro in modo da associare la battaglia per i diritti a quella della riconquista del contratto nazionale che, come ha sentenziato Federmeccanica, insieme a Fim e Uilm, vede la Fiom in una difficile posizione di esclusione e quindi di difesa. Lo sciopero generale non sarà che l’inizio di un percorso di lotta. E lo slogan dell’iniziativa, “Democrazia al lavoro”, ci sta tutto.
Insomma, “non si fanno mancare niente” queste tute blu. Ma soprattutto, non si fanno mancare lo scontro con la Fiat che sta obiettivamente attraversando uno dei momenti più duri. A Pomigliano, per esempio, come denuncia dal palco Stefano Birotti, Rsu della Fiom, su 2050 assunzioni non c’è nessun iscritto alla Fiom. Una vera e propria “purga” di stampo fascista. “Forse questo dovrebbe interessare i nostri parlamentari, custodi della Costituzione della Repubblica italiana?”, chiede polemicamente Landini dal palco.
Ormai, per quelli che sono gli equilibri politici ed economici del paese, se il modello Fiat passa nel silenzio generale c’è il rischio serio che possa venir generalizzato. “A quel punto che faranno Cisl e Uil?”, chiede ancora Landini.
La Fiom è pronta a giocarsela in campo aperto con gli altri sindacati. E la proposta è quella di certificare gli iscritti attraverso il voto libero dei lavoratori. Del resto è quello che è scritto nell’accordo del 28 giugno. E allora perché la Cgil non lo fa applicare? Nelle parole di Landini non c’è una verve polemica, anzi. Piuttosto un invito a non far precipitare la situazione, e a fare in modo che l’unità sindacale torni ad essere un valore che parta dall’unità dei lavoratori e non dall’accordo tra le sigle sindacali.
Questa preparazione della mobilitazione e dello sciopero del 9 marzo ha davvero tanta carne al fuoco. E la Fiom è cosciente di giocare un ruolo che se formalmente non si può dire confederale poco ci manca. E’ anche per questo che dal palco di San Giovanni interverrà un sindacalista greco e che in piazza ci saranno tanti studenti e tanti precari. E alla insegnante precaria che intervenendo dal palco dell’Atlantico lancia un “not in my name” a Cgil, Cisl e Uil per quanto riguarda la trattativa sulla flessibilità, il leader della Fiom propone un percorso comune e una unità che non può che far bene alla battaglia per la difesa dei diritti, della democrazia e del valore del lavoro. Un valore così generoso e plastico che può arrivare comprendere anche il salario di cittadinanza, istituto non sempre visto di buon occhio dalle tute blu della Cgil.
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