Dicono che l’articolo 18 è un totem. Che ha un valore puramente simbolico e niente più. Se fosse vero non chiederebbero con tanta furia e rabbia la sua cancellazione.
L’articolo 18 è invece straordinariamente concreto, “materiale”. Riguarda la condizione di chi lavora, i suoi diritti e la sua dignità. Impedisce che la gente sia cacciata dal lavoro a meno che non esista un giustificato motivo. E’ il più grande spartiacque tra due modi di intendere il lavoro e il rapporto tra lavoratori e impresa.
Se sei un padrone che dal lavoro vuole tirare fuori più soldi possibili e quindi vuoi sfruttare i lavoratori e cacciare via chi non si fa sfruttare abbastanza, allora fai la guerra all’articolo 18.
Se sei un lavoratore o una lavoratrice che vuole essere trattato con rispetto, che vuole un salario e condizioni di lavoro dignitose e un contratto che le garantisca, dai riposi alle ferie al trattamento di malattia alla maternità, che ha le proprie idee politiche e non vuole nasconderle, allora difendi l’articolo 18 e non lasci a nessuno la possibilità di cancellarlo.
Sono tanti e potenti quelli che vogliono cancellare l’articolo 18: Bce, Fmi, Commissione europea, Confindustria, oggi Monti e prima di lui Berlusconi e tutta quella frotta di gente pronta a vendersi l’anima e a saltare sul carro dei vincitori, e cioè dei padroni del mondo e dei mercati finanziari: gli Ichino, i Veltroni, i Cicchitto, i Casini, i Fini…
Ma saranno tante e tanti, tantissime e tantissimi, una moltitudine che lor signori non s’aspettano, quelli che il 9 marzo scenderanno in piazza a Roma assieme ai metalmeccanici e alle metalmeccaniche della Fiom Cgil. E noi saremo assieme a loro.
Perché l’articolo 18 è il fondamento per l’esercizio di tutti gli altri diritti e se lo si elimina i lavoratori diventano tutti ricattabili e si indeboliscono drammaticamente le stesse organizzazioni sindacali.
Perché non sia cancellato e sia invece esteso a tutte le lavoratrici e i lavoratori.
Perché la “Fiom torni in Fiat”, contro il modello Marchionne che vuole cancellare dai luoghi di lavoro i sindacati che non sono disposti a svendere i diritti dei lavoratori.
Perché si arrivi allo sciopero generale e ad una mobilitazione duratura contro l’attacco al lavoro e alle politiche inique del governo Monti.
Il 9 marzo si confronteranno due visioni opposte della società che riguardano il lavoro, ma non solo il lavoro. Alla società dell’egoismo e dell’esclusione, noi contrapponiamo una società in cui, a partire dal lavoro, siano centrali i diritti, le libertà, la dignità individuale e collettiva, il rispetto, la solidarietà.
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