Circolo Karl Marx, Informazione, Lavoro, Lotte

LETTERA DI LUIGI FICARRA AI GIURISTI DEMOCRATICI DEL 12 MARZO 2012

NAPOLITANO DEVE PARLARE SUL CASO FIAT E LA NEGAZIONE DEI DIRITTI DEI LAVORATORI E DELLA DEMOCRAZIA NEI LUOHI DI LAVORO

 

Cari compagni,

la nostra partecipazione alla manifestazione del 9 marzo a Roma, indetta dalla Fiom, ha visto la presenza di un nutrito gruppo di associati (Cesare Antenomaso, che ha portato lo striscione dei G.D., Luigi Galloni, Pierluigi Amici, Carlo Guglielmi, Brunetti, De Angelis, e delle giovani giuriste, nuove leve, dello studio Amici). E’ stato un ritrovarsi in un impegno politico  che tutti ci accomuna.

La situazione è grave, molto grave, ché l’avversario, per regolare sino in fondo i conti aperti con la classe operaia dagli anni ’60-’70, vuole lo scalpo, rappresentato dall’art. 18 st. lav., che sa già depotenziato, devitalizzato dall’art. 8 del d.l. 138/2011, che consente esso sia derogato dagli accordi aziendali (vedi proposta di legge della Regione Lombardia   che favorisce tale percorso ).

Sappiamo che oggi in Italia la democrazia ed i diritti dei lavoratori sono sotto attacco generalizzato, dopo lo scempio compiuto con glia ccordi separati cisl ed uil del gennaio ed aprile 2009, che mettono in soffitta i ccnl,  e poi con quello firmato dagli stessi sindacati collaborativi col padronato per i  metalmeccanici nel 2010, ed inoltre con la grave controriforma del c.d. collegato lavoro del precedente governo e le leggi ultime da esso varate nell’estate scorsa (d.l. 138/2011, poi convertito in legge dal Parlamento). Oggi il governo Monti sta portando a termine la distruzione del diritto del lavoro, conquista degli anni ’60 e ’70.

Giustamente il nostro Presidemte Lamacchia ha sottolineato nell’inrtervista rilasciata alla stampa per la manifestazione del 9 marzo che <<il diritto al lavoro, inserito in Costituzione nella definizione stessa della nostra Repubblica, viene prima, ed é alla base, di tutti i diritti sanciti dalla Costituzione>>; ed ha aggiunto che noi g.d. <<siamo seriamente preoccupati che la tutela dei diritti e la democrazia possano venire sacrificati sull’altare del Mercato e del Profitto>>.

In tutte le aziende Fiat ed in molte altre diverse che hanno seguito il modello Marchionne, osannato  da Monti come un progresso di civiltà in una famosa intervista al Corriere del gennaio 2011, se la Fiom o altro sindacato non firma un contratto con cui vengono cancellati i diriiti fondamentali dei lavorartori, è posto fuori dalla fabbrica, non può esercitare i diritti sindacali sanciti dall’art. 39 cost. e dallo Statuto dei lavoratori e dagli accordi collettivi dei primi anni ’90 sulle RSU : non può avere delegati, non può convocare assemblee. E’ cacciata fuori. A Pomigliano la Fiat, dopo aver cambiato nome e licenziato tutti, riassume solo quelli che si inchinano al suo volere, con totale discriminazione degli iscritti alla Fiom. Ha realizzato una piena dittatura, cancellando ed estromettendo la Costituzione dalle fabbriche, con la copertura e la connivenza di sindacati servili. C’è sempre qualche codino pronto a dire che in altri paesi (USA, ad esempio) il padronato opera in modo simile, con piena libertà ferina. E’ vero, ma non hanno la nostra Costituzione democratica, che si distingue nel mondo per i principi affermati in particolare negli artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36, 39, 41, II e III comma, 42 . Costituzione conquistata col sangue dei martiri della Resistenza e che abbiamno il dovere di difendere sino in fondo, con ogni mezzo.

Riproduco più sotto un interesante appello a Napolitano di Piero Bevilacqua di tre giorni fa, con cui lo si invita a prendere posizione in difesa dei diritti dei lavoratori sanciti dalla Costituzione ed a tutela della democrazia, di cui la Fiat e tutta la confindustria stanno facendo strame.

RITENGO CHE NOI GIURISTI DEMOCRATICI DOBBIAMO RIVOLGERE CON FORZA LO STESSO APPELLO A NAPOLITANO CON UN NOSTRO DOCUMENTO PER CHIEDERE UNA SUA NETTA PRESA DI POPSIZIONE CONTRO LA DISTRUZIONE DEI DIRITTI DEI LAVORATORI E DEL SINDACATO E PER LA DIFESA DELLA DEMOCRAZIA.

Non potrà Napolitano tacere trincerandosi nel silenzio, chè è suo dovere la tutela dei principi della Costituzione.

 

Luigi Ficarra

 

Caro Presidente, difenda l’articolo 39

di Piero Bevilaqua

Caro Presidente Napolitano,

ci spinge a scriverle un fatto politico-sindacale che appare da settimane nelle cronache quotidiane e che non trova quasi nessuna eco, e soprattutto nessun commento e riprovazione, da parte del mondo politico, del governo, dei grandi media nazionali.

Quasi si trattasse di eventi episodici e di scarso rilievo.

Eppure siamo di fronte a una vicenda di straordinaria gravità, una scelta che segna una lacerazione nel tessuto vivo della democrazia italiana. Ci riferiamo alla discriminazione che da tempo subiscono gli operai iscritti alla Fiom, i quali non vengono assunti negli stabilimenti Fiat a causa della tessera che portano in tasca. Poiché – com’è noto – la Fiom non ha firmato il contratto tra la Fiat e gli altri sindacati, siglato a Torino nel dicembre del 2011, essa rimane fuori dalla fabbrica e così gli operai che essa rappresenta.

Ora, a noi sembra che tale scelta della Fiat violi apertamente l’art.39 della nostra Costituzione, il quale sancisce la piena libertà sindacale.

Ma essa è in aperto contrasto con tutto il costituzionalismo europeo e in maniera evidente con la Carta di Nizza, che ha solennemente ribadito tale diritto nell’art.12, nell’art. 21 di Non discriminazione – «E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare(…) sulle convinzioni personali, le opinioni politiche»» – nell’articolo 28 che legittima il conflitto e il diritto di sciopero. Ricordiamo la Carta di Nizza non perché essa abbia più valore della nostra Costituzione, ma perché oggi sembra che il rimando all’Europa debba valere esclusivamente per i vincoli finanziari che ci viene imponendo, non per i diritti che riconosce.

Ma gli episodi della Fiat fanno parte di un processo che viola la «Costituzione vivente» del nostro Paese, demolisce conquiste sociali del XX secolo, fa arretrare la civiltà giuridica delle società industriali. Definire privatamente le regole di un accordo con i sindacati consenzienti, negando valore alla contrattazione nazionale, ed escludendo i sindacati in disaccordo, non solo viola il pluralismo sindacale. Un principio a cui gli innumerevoli liberali che oggi in Italia affollano la scena pubblica dovrebbero mostrarsi un po’ più sensibili. Ma tale scelta inaugura una rifeudalizzazione del diritto, apre alla creazione di domini particolari nelle relazioni industriali che colpiscono la stessa unità del Paese, a cui lei ha mostrato di tenere in sommo grado.

Lei sa bene, caro Presidente, che cosa ha significato per le classi lavoratrici meridionali il contratto unico nazionale. I lavoratori del Sud, in genere dispersi, male organizzati e poco rappresentati, hanno goduto della capacità contrattuale della classe operaia del Nord.

Il contratto nazionale di lavoro, sottoscritto e difeso dai sindacati, ha reso meno lacerante la divisione fra Nord e Sud, ha tutelato l’unità giuridica e sociale dell’Italia. Noi crediamo che il silenzio e, talora l’indifferenza, dei partiti e della stampa di fronte a tale questione nasca spesso dalla non condivisione della linea sindacale della Fiom. Consideriamo tale atteggiamento un grave errore.

I diritti riguardano tutti i cittadini e vanno difesi al di là delle posizioni e delle opportunità politiche. Molti immaginano che alcune restrizioni dei diritti, alcuni arretramenti di posizione, siano transitori e momentanei, dovuti alla difficile fase di crisi che attraversiamo. Ci permettiamo di ricordare che non è così. L’arretramento della condizione dei lavoratori è un’onda lunga che viene da lontano, e non investe solo l’Italia, e sta mettendo in discussione conquiste storiche di civilizzazione dell’Occidente.

Siamo di fronte a un mutamento strutturale e di lungo periodo a cui occorre opporsi con un nuovo moto solidale delle forze democratiche.

Caro Presidente, conosciamo i limiti della sua funzione istituzionale e non le chiediamo cose che non può fare. Ma lei, supremo custode della Costituzione, per il ruolo che ricopre e per i meriti personali della sua condotta, è la figura politica più autorevole d’Italia. Nel momento in cui ai ceti popolari vengono chiesti tanti gravi sacrifici, non faccia mancare la sua parola, la sua capacità di indirizzo, di persuasione morale su un punto che rischia di lacerare il tessuto civile del Paese, menomare gravemente un diritto fondamentale di milioni di lavoratori.

Il Manifesto 9 Marzo 2012

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.