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IL «TEOREMA CALOGERO» BIS: «OSTACOLATO DAI SERVIZI SEGRETI»

IL MAGISTRATO RIAPRE I FALDONI DEGLI ANNI ’70

Due ore di lezione nell’aula magna dell’Università, fra il sindaco Flavio Zanonato e il magnifico rettore Giuseppe Zaccaria che prendono diligentemente appunti. Il vecchio magistrato rispolvera i faldoni degli anni ’70: pm a Treviso «riscontra» la pista neofascista sulla strage di piazza Fontana; poi a Padova si applica al partito armato con l’inchiesta 7 aprile.

Ma Pietro Calogero, procuratore generale a Venezia, fa sempre notizia. «Sarebbe ora che la Repubblica assumesse piena responsabilità politica sui servizi segreti che hanno deviato e ostacolato il lavoro della magistratura. La memoria degli anni di piombo non può essere mero ricordo, ma deve comportare un’operazione di verità con un esame autocritico e la ferma, esplicita ammissione di colpa su alcuni organi dello Stato che furono infedeli» afferma alla fine di due ore di intervento.
Calogero, di fatto, si rivolge al presidente Napolitano. Gli chiede di imitare Chirac che nel 1995 mette la Francia davanti ai crimini del governo collaborazionista di Vichy: «Bisogna aprire i cassetti e gli armadi, rimuovere il segreto politico-militare, documentare la strategia collaterale dei servizi che strumentalizzavano il terrorismo e occultavano preziose informazioni». Insomma, non solo più la verità delle sentenze (magari con gli «errori giudiziari all’inverso» come la Cassazione su Freda e Ventura). Devono “parlare” i documenti storici rimasti chiusi nei cassetti. Un’iniziativa che Alessandro Tessari, da ex deputato prima che da ex docente di filosofia, rilancia immediatamente anche all’intreccio fra il “caso Moro” e il rapimento Cirillo cioè allo stridente contrasto fra la linea della fermezza e la trattativa con la camorra di Cutolo.
Il teorema di Calogero oggi diventa sussidiario ai “nodi” irrisolti della Prima Repubblica. Stati Uniti e Cia dietro le quinte ad arginare il «pericolo comunista al governo». Servizi italiani pronti a manovrare contro gli opposti estremismi. Interessi politici ed economici a mantenere l’Italia ancorata a governi centristi. Il magistrato si appella a chi può ancora squadernare gli archivi di stato e aspetta risposta. Richiama la libertà frutto della Resistenza e si prende la libertà di evidenziare, di nuovo, due episodi personali che rafforzano la sua richiesta. «Dalle inchieste sulla strage di piazza Fontana e sull’Autonomia Operaia Organizzata emerse una realtà insospettabile e sconvolgente. La strategia collaterale che consisteva nel strumentalizzare operata da organi infedeli dello stato per lo più ai vertici degli apparati d’ informazione. Era orientata al condizionamento della vita politica e istituzionale: copertura di indagati, falsità, omissioni» afferma.

Calogero insiste e fa riferimento alle due “veline” del Sid opera di Giannettini ritrovate nel 1971 nella cassetta di sicurezza di Ventura: «Attestano che la strategia dei gruppi neofascisti era conosciuta fin dal maggio 1969». Ma soprattutto tira in ballo Notarnicola e Santovito del Sismi per gli anni di piombo: «Fin dal 1974 i servizi sapevano che il centro nevralgico era l’alleanza di Br e Autonomia. Fu quanto emerse dalla perquisizione del 21 marzo 1979e poi dagli archivi di Toni Negri. Per me, una verità sconvolgente perché cinque anni prima si sarebbero potuti evitare morti e caos». Il vecchio magistrato raccoglie applausi istituzionali e non. Come sempre, offre «fatti suffragati dai riscontri». Una volta di più resta sotto i riflettori. Di nuovo, il riservatissimo Calogero sceglie con cura il messaggio che accompagna l’intervento pubblico. E anticipa che non si lascia scalfire dalle polemiche sul suo lavoro. A modo suo, non proprio accademicamente, ha lanciato il sasso nello stagno anche a mo’ di sfida a quel che resta della sinistra italiana. Calogero non si accontenta più delle commemorazioni e delle lezioni accademiche. Pretende verità, trasparenza e giustizia direttamente dai vertici dello Stato. Tutta un’altra storia dai verdetti in nome del popolo italiano?

Ernesto Milanesi  – Padova

Il manifesto 20.4.2012

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