Pioggia insistente nella zona industriale di Arsego.
Di fronte ai Cancelli delle due unità principali della Filippi cominciano a concentrarsi i lavoratori.
Arrivano alla spicciolata. Donne senegalesi con lavoratrici rumene e italiane, italiani del nord e del sud insieme a migranti africani e dei paesi dell’ EST. Si fermano fuori dalla fabbrica davanti ai cancelli mentre i delegati e gli operatori sindacali della Fiom e della Fim pavesano le cancellate con le bandiere delle loro organizzazioni.
Due auto, di piccola cilindrata, dei carabinieri sono ferme dall’altra parte della strada. Lavoro di routine, scambiano qualche parola con gli operatori dei metalmeccanici.
La buona notizia e che all’unità D, maggioranza Fiom, hanno scioperato tutti o quasi, quella meno buona e che nell’altra unità, un gruppo di crumiri organizzati da un capo sono entrati alle 7 di mattina in azienda e stanno lavorando.
In altri tempi una bella spazzolata fra le linee li avrebbe convinti che era meglio scioperare ma, decenni di concertazione e scuola di buone maniere hanno pesantemente indebolito le capacità di lotta dei lavoratori.
Pazienza, lo sciopero è quasi totale e i lavoratori si preparano ad andare a Padova.
All’unità D circola un termos di caffé caldo e i piccoli bicchieri di plastica si riempiono, qualcosa di caldo aiuta in questa mattina fredda e piovosa.
L’ha portato un’operaia dell’Est, ma il cerchio attorno a lei è quanto di più multietnico possa offrire nel padovano una fabbrica metalmeccanica.
I bassi salari, i ritmi duri imposti alla catena, oltre a consumare in fretta tendini e articolazioni, allontanano i giovani della zona che appena possono se ne vanno.
Per gli altri non ci sono molte alternative.
Ne discutono davanti alla fabbrica e poi davanti alla associazione degli industriali.
Se il padrone chiude, con gli apprendisti che per tre anni costano meno della metà di un lavoratore adulto, rimangono poche e miserabili possibilità di trovare un qualche lavoro.
Con la riforma Fornero, che dio la stramaledica, non ti salvi nemmeno se hai cinquant’anni e hai cominciato a lavorare a quattordici. Le più incazzate sono le lavoratrici. Hanno nelle loro ossa e nelle loro articolazioni le fatiche della catena di montaggio e della cura della famiglia, adesso la preoccupazione di un domani di precarietà.
Accolgono con un grazie il volantino di rifondazione, lo passano di mano in mano, e sono contente quando comunichiamo che già questa mattina abbiamo presentato un’interrogazione per chiedere un immediato tavolo in regione sulla vertenza Filippi.
I padroni in confindustria propongono la costituzione di una New Company o come alternativa il fallimento. Le trattative riprendono il 3 maggio sul tavolo la richiesta del sindacato di sgombrare dal campo della discussione la messa in mobilità per i 234 lavoratori della Filippi.
Tra incudine e martello, un classico nelle operazioni di ristrutturazione dentro la crisi.
L’esperienza di questi anni insegna che i lavoratori hanno una solo strada o lottare con durezza o subire .
Paolo Benvegnù, segretario provinciale PRC
Comments Closed