di Joseph Halevi
Chi abbia letto l’articolo del presidente di Syriza Alexis Tsipras sul Financial Times del 12 giugno avrà certamente notato che non c’è una sola parola con cui Bersani possa onestamente dissentire. La Grecia deve rimanere nell’euro, scrive Tsipras, ma le condizioni imposte dalla Troika la stanno spingendo fuori dall’eurozona con effetti dirompenti sull’Unione europea. Riforme fiscali rigorose che colpiscano l’evasione e permettano
la riduzione del debito sono possibili solo in un programma di sviluppo. La politica attuale aggrava la crisi fiscale perché crea solamente miseria.
Due anni fa scrissi che la Guernica economica imposta alla Grecia avrebbe prodotto uno tsunami per il resto dell’Europa. Non possiedo un acume particolare: bastava sapere che schiacciando la spesa oggi non si ristabilisce la «crescita» domani. La posizione presa alla fine del 2009 da Bruxelles, Francoforte e Berlino – con l’appoggio ossessivo dell’Aja, Vienna e Helsinki – segnalò l’abbandono del frastornante populismo antifinanziario del duo Merkel-Sarkozy per una politica modellata esclusivamente sui timori ed obiettivi dei capitalismi nordeuropei. In quella fase la Francia cercava di svolgere un ruolo di potenza europea , mentre in realtà in termini di conti esteri già apparteneva all’Europa meridionale.
La concezione nordico-weberiana del capitalismo è stata ribadita giovedì dal vice ministro delle finanze di Berlino Steffen Kampeter in un’intervista alla Bbc. Egli ha affermato di non concepire alcuna strategia volta a «socializzare e ridistribuire le cattive decisioni politiche fatte da certi (paesi) sovraindebitati». Posizione che coincide perfettamente col ruolo di esportatori netti che i nordici si sono ritagliati in un’eurozona ormai divisa nettamente in due: Germania, Benelux, Austria e Finlandia eccedentarie da un lato, Francia, Italia, Grecia e iberici, deficitari dall’altro. Usufruire in termini di profitti della domanda della debole zona franco-mediterranea sì, sostenerla invece assolutamente no.
È quest’ottica che ha innescato il micidiale rullo compressore della deflazione da debito, iniziata in Grecia ed Irlanda e rapidamente estesasi altrove. Oltre che in Spagna il rullo compressore è in azione in Italia , nemmeno sotto traccia. Rammentiamo a chi legge in cosa consiste tale deflazione. Quando molte entità economiche cercano di uscire dal debito tagliando la spesa creano nuovi indebitamenti attraverso il crollo dei redditi e della domanda e ciò porta anche ad un aumento del peso del debito.
Il processo si sta allargando con vaste somme di denaro che dai paesi meridionali resi rischiosi, Italia e Francia comprese, si spostano verso le banche tedesche e olandesi creando nuove passività per i paesi del sud. Contemporaneamente la Bundesbank, per paura di «sborsare» soldi, vuole limitare le operazioni di rifinanziamento della Bce acuendo ulteriormente la deflazione generale.
Sarà la Grecia a fermare il rullo?
Fonte: www.rifondazione.it
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