Il presidente della Lombardia è accusato di finanziamento illecito e corruzione per la campagna del 2010.
Il cerchio si chiude. Dopo mesi di scandali che hanno colpito il Pirellone e gli amici più stretti del governatore della Lombardia, Il Corriere della Sera spara la notizia in prima pagina: «Formigoni è indagato». E’ uno scoop, ma non sorprende nessuno. Tranne il diretto interessato che prova per l’ennesima volta a smentire: «Io non ho ricevuto nulla, dunque la notizia è destituita di ogni fondamento. Pretendo che il Corriere smentisca da subito sul sito e poi in prima pagina». La difesa del governatore, però, suona ormai come un ritornello stonato, arrogante e piuttosto patetico.
Secondo quanto riportato dal quotidiano di via Solferino, Formigoni è indagato per corruzione e finanziamento illecito. La corruzione riguarderebbe quei 70 milioni che la Fondazione Maugeri ha pagato al «facilitatore» Pierangelo Daccò in cambio del fatto che usasse le sue amicizie ai piani alti del Pirellone per far ottenere alla fondazione i finanziamenti della regione. Il faccendiere è già in carcere dallo scorso 15 novembre anche per un altro scandalo della sanità lombarda: il crac dell’ospedale San Raffaele di don Verzè. Per gli inquirenti ci sarebbe un nesso tra quella somma pagata a Daccò e i tanti favori che lo stesso Daccò ha fatto a Formigoni: vacanze pagate ai Caraibi, yacht messi a sua disposizione, persino una villa venduta in Sardegna a un coinquilino di Formigoni nella comunità dei Memores Domini. A dimostrare questi scambi di favori ci sono le carte ma anche la celeberrima foto dove il Celeste appare in costume mentre si tuffa dalla tolda della barca dell’amico Daccò. Nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Maugeri è finito in carcere anche un altro storico amico di Formigoni, l’ex assessore democristiano Antonio Simone.
Il finanziamento illecito invece riguarderebbe mezzo milione di euro che Formigoni avrebbe utilizzato nella campagna elettorale per la Regione Lombardia del 2010, la stessa campagna inficiata dalla raccolta di firma false per presentare la lista del Pdl. Quella somma sarebbe stata pagata da un’azienda sanitaria privata, tanto per cambiare. Infine le indagini, oltre che sugli interrogatori, si fonderebbero su una serie di delibere varate dalla giunta lombarda a favore della Fondazione Maugeri per assegnazioni di fondi.
Formigoni, appena rientrato dal vertice di Rio de Janeiro, ieri si è presentato ai giornalisti per una comunicazione già prevista. «Ho viaggiato in classe economica e il sedile dell’aereo era particolarmente duro e non si reclinava». Il governatore ha dormito male come la principessa sul pisello e si vede. Solo che a renderlo così irritabile più del sedile è la sua posizione politica e giuridica che è sempre più scomoda. E allora per quanto si autodefinisca «sereno e tranquillo» il Celeste reagisce come un leone ferito e se la prende con Repubblica – «che simpaticamente chiamo la Pravda, il quotidiano di regime» – e con il Fatto – «che simpaticamente chiamo Izvestia, il giornale dell’armata». Annuncia di avere presentato un esposto contro di loro per aver divulgato gli interrogatori segretati di Daccò. Insomma tutta colpa dei giornalisti «che fanno i mestatori o i romanzieri di mestiere». Qualche ora dopo se la prende con «le fantasie» riportate dalle agenzie che sentite fonti della Procura confermano l’avviso di garanzia.
Sembra proprio di risentire la solita vecchia canzone di Silvio Berlusconi. Ma la difesa di Formigoni è sempre più ardua e cede di un passo ogni volta che è costretto a incassare un nuovo colpo. Prima Formigoni diceva che la corruzione al Pirellone riguardava solo episodi individuali (quattro indagati su cinque nell’ufficio di presidenza, e pochi giorni fa anche il direttore della sanità lombarda). Lui però si vantava di non essere indagato. Non aveva mai fatto favori a Daccò, le vacanze se le era pagate coi sui soldi, solo che aveva perso le ricevute. Ieri ha dovuto arretrare di un altro passo: l’avviso di garanzia è solo una notizia giornalistica e comunque anche se fosse indagato non si dimetterebbe perché, dice: «raggiungerei solo la condizione di alcuni presidenti di Regione che sono oggetto di indagini e giustamente non si sono dimessi». E ancora: «mi dimetterò solo quando le accuse contro di me saranno dimostrate». Insomma alla fine di un eventuale processo, cioè mai. A questo punto però anche i suoi sogni di gloria nel Pdl, magari a Roma come uomo del post Berlusconi sembrano infranti..
A Formigoni non resta che trincerarsi disperato a difesa del suo fortino lombardo che giorno dopo giorno va in mille pezzi.
Fonte: www.controlacrisi.org
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