Economia

Il “fascismo tecnico” di Monti tra bond da piazzare e elezioni da rinviare

di Fabio Sebastiani

Monti a testa bassa contro la concertazione? Che novità è? Non si era già prodotto in una autarchia decisionale senza precedenti quando ha varato la cosiddetta riforma del lavoro? Eppure le parole del presidente del Consiglio non arrivano a caso e non sono da sottovalutare. E, oltre a rappresentare la fine della presa in giro sul ‘governo tecnico’, lancia un preciso segnale ai mercati internazionali, che si apprestano a una nuova ondata di movimenti speculativi su Spagna e Italia: L’Italia è un paese ‘sicuro’ perché qualsiasi forma di dissenso, anche parlamentare e “concertativo” viene reso innocuo. Così Monti vuole vincere la cosiddetta ‘sfida dei mercati’, dando in pasto al mostro della speculazione interi pezzi di democrazia e rappresentanza. Così è la morte certa del Bel Paese.
Tra i primi a commentare il lungo discorso del premier italiano sulla fine dell’epoca delle relazioni con le parti sociali (il giorno prima era toccato a Confindustria) c’è stato il Wall street journal che non si lascia sfuggire il carattere “di svolta” della posizione di palazzo Chigi. Il Wall Street Journal sottolinea come tali dichiarazioni arrivino in una fase in cui “gli investitori sono sempre piu’ preoccupati per i rischi politici legati alla fine del mandato del suo governo tecnico, apprezzato più all’estero che in patria”.

Insomma, nella buona sostanza siamo in presenza di un “golpe bianco”, ovvero della preparazione di una fase in cui andare all’appuntamento elettorale non è per niente scontato. Ci sono tanti modi per impedirlo. E Monti ne sta cercando uno che nella sostanza è un “fascismo tecnico e istituzionale” e nella forma potrebbe anche non cambiare nulla rispetto ad ora. Alla fine, attraverso l’alleanza con il presidente Napolitano si può fare questo ed altro. Lui ha detto che non si ricandida ma non che per urgenti e imprescindibili motivi non possa proseguire il suo mandato nell’interesse supremo della nazione, e dell’Europa stessa. Il no definitivo, e militare, alla concertazione fa parte quindi di questo disegno. Si sa che i fascismi in Italia hanno sempre cominciato da lì. Da questo punto di vista il “bocconiano” non è che si è inventato nulla di nuovo. Eliminare le rappresentanze dei lavoratori è stata un’arte in cui l’Italia si è esercitata sempre con profitto. E sempre contando sulla complicità di una parte della sinistra. La novità è solo nei modi, in ossequio al tanto prezioso mutatis mutandis. Ora sarà interessante vedere, al di là delle parole, come reagiranno i sindacati. Sì certo, possono chiamare alla mobilitazione, ma non possono ricostruirsi quella credibilità che tra i lavoratori è andata a farsi benedire già da tempo. In questi anni di crisi economica non c’è stata alcuna apprezzabile risposta da parte loro. E alla fine questo sostanziale immobilismo sta facendo la differenza.

Il disegno di Monti è lucido e spietato. Non averlo capito o aver fatto finta che in fondo si poteva “aggiustare” sarà esiziale per le organizzazioni sindacali. L’Italia, da questo punto di vista non è la Grecia. Mentre con gli ellenici in qualche modo di è potuto costruire una sorta di cordone sanitario, con l’Italia le cose stanno diversamente. Il Bel Paese è “più sistemico”, ovvero più inserito dentro un meccanismo di relazioni internazionali. Un suo eventuale default potrebbe avere conseguenze non indifferenti per gli altri paesi. La guerra di classe, per come la interpreta la borghesia che non ha nient’altro da sacrificare se non la pelle dei lavoratori, deve essere portata avanti in modo più fermo.

“Monti non ha alleati che puo’ dare per scontati tra i principali partiti politici e gruppi sociali”, conclude il giornale di Wall Street, “quindi le sue parole combattive suggeriscono che il suo esecutivo nei mesi successivi terrà duro per assicurarsi che le dolorose riforme che ha varato siano messe al sicuro a prescindere da chi verra’ dopo”.

C’è infine iun motivo più contingente che ha spinto Monti a rompere gli indugi. Oggi per l’Italia ci sarà un nuovo test sui mercati internazionali, con il Tesoro che punta a vendere Bot a un anno per complessivi 7,5 miliardi di euro. Presentarsi con parte del “lavoro sporco” già fatto potrebbe fare la differenza. Per Roma si prevede un ulteriore aumento dei costi per raccogliere capitali sui mercati, considerando che lo spread tra il Btp decennale e l’analogo Bund tedesco viaggia sui 455 punti base, a un tasso del 5,81%. Nell’analoga asta di giugno il tasso sul titolo a un anno e’ volato al 3,972%, segnando i massimi da dicembre.E mentre l’Italia e’ costretta a fare i conti con uno spread che e’ ”di gran lunga superiore a quanto giustificato dai fondamentali della nostra economia”, come ha detto il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, la Germania continua a finanziarsi sui mercati a costi irrisori.

Fonte: www.controlacrisi.org

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