Politica

Referendum si, ma per la democrazia nelle fabbriche!

Il referendum promosso dall’Unione Popolare, tendente ad abrogare la famosa “diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma” per i parlamentari, è una campagna di tono “populista” che presenta ai lavoratori ed ai cittadini, impoveriti e disorientati dall’acuta crisi capitalistica, il parlamento come nemico principale da combattere, e su cui riversare tutta la rabbia dei molti che sono disoccupati senza speranza e che assieme a tanti, tantissimi, ancora con un misero lavoro, non riescono più ad arrivare alla quarta settimana.

La democrazia, come partecipazione, sta attraversando la crisi più grave dal ’45 ad oggi, a dimostrazione che non è connaturata al capitalismo ed anzi questo, specie nella fase delle massime concentrazioni finanziarie e di capitale, la vede come un inciampo all’accumulazione del capitale ed al suo libero dominio (vedi Marchionne ed oggi tutta la Federmeccanica – la democrazia nelle fabbriche, nel cuore pulsante dell’economia, è stata già cancellata, calpestata).

La scelta, pensata e programmata, d’introdurre circa venti anni fa il maggioritario si colloca all’interno della riduzione della democrazia per dare più poteri ai vertici ed assicurare stabilità e sicurezza al grande capitale che fa investimenti ammortizzabili in non meno di venti anni; e nel contempo impedire che le forze popolari antagoniste abbiano una rappresentanza in parlamento e siano marginalizzate.

La scelta del governo dei c.d. tecnici ha accelerato la crisi del parlamento e, delegittimando la funzione degli stessi partiti della borghesia, compresi quelli di centro, ha dato un più ampio spazio all’antipolitica. La modifica dell’art. 81 cost. (introduzione del pareggio di bilancio obbligatorio) e l’approvazione del “fiscal pact”, assieme allo stravolgimento del diritto del lavoro, hanno gravemente modificato il quadro costituzionale, dando un ulteriore pesante colpo alla democrazia (con le suddette modifiche, sono sostanzialmente aboliti l’art. 3, e 41, secondo e terzo comma, della costituzione).

E’ interesse della grande borghesia indirizzare la rabbia dei lavoratori generata dalla viepiù grave crisi economica del sistema capitalistico, non contro se stessa, ma verso altri obiettivi, ed essa, attraverso i suoi media, la indirizza contro il parlamento ed i suoi membri.

La campagna quindi promossa dalla c. d. “Unione Popolare” non è neutra ma ha dietro alti e molto intelligenti registi.

Smascherarli è difficile, ma è un compito cui non possiamo sottrarci.

Dobbiamo portare avanti, migliorandola, la strategia decisa nel congresso di Napoli per lo sviluppo massimo del partito sociale, e, consapevoli che il processo reale, a livello europeo ed internazionale, dà piena conferma della giustezza delle nostre analisi, dobbiamo propagandare al massimo la proposta di una syriza italiana.

Promuoviamo noi subito, in contrapposizione, una campagna per l’azzeramento e comunque la riduzione massima delle spese militari, che incidono per molti e molti miliardi sul bilancio, e per il ritiro immediato del contingente militare italiano dall’Afghanistan; – proponiamo un referendum per la democrazia nelle fabbriche, per l’abolizione della legge che ha affossato l’art. 18 statuto dei lavoratori e dell’art. 8 del d.l. 138/2011, ed anche per l’abolizione del maggioritario; e chiediamo con forza – è uno dei nostri punti programmatici – che nessuno stipendio e-o pensione deve superare i 5.000 euro, anche quello di parlamentari.

Luigi Ficarra
PRC Padova

 

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