Anche i filo montiani della maggioranza sono stati presi in contropiede dalla precisazione del presidente del Consiglio. In precedenza erano corsi a rivendicare le parole consegnate dal presidente del Consiglio a Der Spiegel riguardo al rapporto tra governi europei e parlamenti. Un passaggio che il settimanale ha anticipato online anche in versione inglese, così da non lasciare spazio a equivoci: «Se i governi accettano di legarsi interamente alle decisioni dei loro parlamenti senza proteggere la loro libertà di manovra, allora – avverte il professore – è più probabile una frattura dell’Europa piuttosto che una maggiore integrazione». Dalla teoria alla pratica: si vota oggi alla camera dei deputati la fiducia numero 33 per il governo Monti, in nove mesi, la seconda sul decreto spending review. Un record che ne contiene un altro: dal 31 luglio a oggi è la quarta fiducia in sette giorni. Così Monti applica in Italia la lezione suggerita ai tedeschi: «Ogni governo ha il dovere di guidare il proprio parlamento».
Tutto questo accade mentre in parlamento si fronteggiano due proposte di riforma costituzionale – semipresidenzialismo e premierato forte – entrambe basate sul presupposto che sia urgente togliere potere alle camere per rafforzare l’esecutivo. Monti si porta avanti e prima ancora che debba precisare le sue parole incassa già il sostegno di Francesco Boccia, deputato del Pd. «Le critiche che arrivano dalla Germania sono surreali – sostiene Boccia. Monti non ha parlato di parlamenti telecomandati dai governi, ma di governi che devono avere il coraggio di disegnare una rotta, un orizzonte. E in questo momento l’orizzonte è l’Europa». Schieratissimo con Monti stavolta anche l’ex ministro del Pdl Renato Brunetta, che giudica «giuste ed equilibrate» le parole di Monti. Trasparente in questa come in molte altre dichiarazioni dei fedelissimi di Berlusconi la soddisfazione di scoprire che anche il professore bocconiano è finito ai ferri corti con la cancelliera Merkel, come già impareggiabilmente il cavaliere.
Ma non mancano voci critiche nel centro e nella destra. Anche nel Pdl c’è chi, dimenticando anni di scorribande berlusconiane in materia di rapporti governo-parlamento, si scandalizza. Di frase «grave e pesante che spero sia stata fraintesa, che avrebbe dovuto suscitare reazioni in Italia, prima che in Germania» parla il deputato Pdl Guido Crosetto. Mentre l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino, oggi nell’orbita dell’Udc, parla di «svolta autoritaria» di Monti e si appella direttamente al presidente della Repubblica perché «dia voce a un paese profondamente democratico». Da sinistra è pesantissimo il commento del segretario del Prc Paolo Ferrero che domenica chiedeva di processare Monti per alto tradimento e ieri ha fatto notare come «Monti ha spaventato persino la destra tedesca, Hitler nel ’33 aveva fatto votare al parlamento tedesco una legge che delegava al governo l’attività amministrativa e quella legislativa». Resta in imbarazzato silenzio invece il Pd, Bersani evita ogni commento, se si eccettua una prudente copertura di Monti affidata a Cesare Damiano, dell’area laburista del partito, che si limita a bacchettare le «polemiche pretestuose» dei tedeschi. Ma è ancora Antonio Di Pietro a fare più rumore, parlando di «lesione alla Costituzione» e accusando il capo dello stato di guardare dall’altra parte. Nessuna prudenza dall’ex pm che dimostra di volere scavare ancor di più il solco con il Pd. Tanto che ricorre a una citazione di Bettino Craxi per attaccare ancora Napolitano. E dal Colle nessuna intenzione di lasciar correre: «Nuovi assurdi artifizi retorici di una quotidiana aggressiva polemica personale».
Fonte: www.controlacrisi.org
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