Imperialismo, Lavoro, Lotte

Battaglia di Orgreave e quello sciopero lungo un anno

di Maria R. Calderoni

Alle Olimpiadi di Londra non l’hanno fatta vedere. Quella passata alla storia come “la battaglia di Orgreave”, quella immortalata dalla foto-simbolo che ritrae un poliziotto a cavallo intento a picchiare con la sua lunga lancia una donna caduta a terra. La battaglia di Orgreave, Yorkshire del Sud, 18 giugno 1984, quando da ormai quattro mesi è in corso quello sciopero dei minatori inglesi che durerà un anno.
Annientateli. La donna “dal cuore troppo piccolo” che all’epoca è a capo del governo britannico, la Lady di ferro, alias Margareth Thatcher (Maggie per gli amici), ha dichiarato la sua guerra senza quartiere contro i lavoratori delle miniere.  E guerra senza quartiere sarà.

Al tempo i pozzi di carbone occupano 183mila minatori, i mitici uomini delle “facce sporche” che popolano interi villaggi e distretti minerari e sono organizzati nel NUM, il più forte e temuto sindacato operaio (nel 1926 i minatori inglesi erano oltre un milione).
La lotta ha inizio allorché, nel marzo 1984, Ian Mc Gregor, presidente della NCB – l’ente pubblico del carbone, che gestisce l’industria estrattiva britannica pressoché completamente nazionalizzata e amministra i 176 pozzi dove lavorano 120mila dei 183mila occupati nel settore – dà il via al piano del governo Tatcher, annunciando la chiusura di 20 pozzi, ciò che comporterà la perdita immediata di 20.000 posti. Il NUM, che è diretto da Arthur Scargill – comunista, carismatico, eccezionale oratore – risponde dichiarando una settimana di sciopero. Poi le settimane diventano due, tre, quattro; la Tatcher non cede ma neppure i minatori; lo sciopero va  avanti. Tre  mesi, sei mesi, un anno. Libri, film, documentari, foto hanno raccontato quella drammatica e leggendaria epopea dei minatori inglesi, quell’anno che costò 2 morti, migliaia di feriti, 11 mila arresti. Quell’anno dopo il quale – è stato unanimamente ricosciuto – niente fu più come prima nel Regno Unito.
La “battaglia di Orgreave” è emblematica per più di un motivo. Ad esempio per la inaudita violenza della polizia che, in pieno assetto militare e anche con reparti a cavallo, assalì, arrestò, picchiò selvaggiamente  i minatori, per poi abbandonarsi alla devastazione di case e villaggi (in seguito, dopo un processo, la polizia dovette risarcire con 425  mila sterline 39 minatori mandati in galera con accuse risultate false).
“Accendi alle sei”, è lo slogan della campagna che invita ad accendere le lampadine tutti insieme alle sei  in sostegno allo sciopero; è una delle tante che in  Inghilterra e fuori vengono organizzate per gli uomini delle miniere. “I support Miners”, in migliaia esibiscono  l’etichetta pro minatori sul petto; agli angoli delle strade ovunque spuntano i tavoli coi barattoli gialli della raccolta di fondi;  giovani, donne (in trentamla sfilano a Londra), studenti sono in campo in spontanei e combattivi comitati di appoggio; ogni città si è gemellata con una miniera; centinaia di volontari formano “picchetti volanti” per presidiare i pozzi e impedire l’ingresso dei crumiri (assoldati dal governo e protetti dalla polizia). Ed è’ rimasta celebre la canzone dedicata dai Redskins ai minatori, “Keep on Keeping”, Vai avanti.
E quando, dopo tanti giorni di lotta senza paga e senza sussidi, nonostante la solidarietà mancano i fondi,  Scargill chiede la solidarietà dei sindacati internazionali, rispondono in tanti,Francia, Spagna, Urss, Svizzera, Belgio, Polonia, Germania; mentre una cospicua somma inviata da Mosca non può essere incassata, perché nel frattempo la donna dal cuore troppo piccolo ha provveduto a mettere sotto sequestro il conto del NUM, reo di sciopero “illegale”.
Dovettero arrendersi. Dopo un anno senza paga, senza aver ottenuto niente, con il NUM irrimediabilmente sconfitto e migliaia di famiglie sul lastrico, nel  marzo 1985 Scargill è costretto a dichiarare la fine dello sciopero. Sconfitti, umiliati, in miseria, carichi di debiti: ma nelle miniere non rientrano a capo chino. Bande e striscioni sono lì ad accoglierli, a onorare la dignità e il coraggio di cent’anni di lotte operaie.
La Thatcher ha vinto. In pochi anni quasi tutte le miniere del Regno Unito chiudono i cancelli, entro il 2000 ne restano solo 13. I minatori da 183 mila passano a 115 mila già due anni dopo. I sindacati sono in ginocchio. E per la chiusura di 60 pozzi, il governo Thatcher spenderà “900 milioni di sterline l’anno. Due volte e mezzo più delle sovvenzioni necessarie a mantenerli in vita”.
Parrebbe demenziale, ma non è. Dietro la guerra senza quartiere della Thatcher contro i minatori, non ci sono  meri motivi economici, ragioni di bilancio tra costi e profitti, di produttività e di industrie obsolete ecc ecc. Dietro la guerra della Thatcher c’è ben di più,c’è quello che ad esempio si chiama Rapporto Ridley. Lord Ridley, il barone Nicholas Ridley, un thatcheriano sfegatato, che la lady di ferro è solita qualificare come “uno di noi”; e che del suo  governo fu braccio destro, ispiratore e “uomo nero”.
Rapporto Ridley, cioè, rissumendo: smantellamento del Nemico Interno, vale a dire quel vasto settore pubblico e nazionalizzato che vanta sindacati  molto forti; trattamento speciale  da realizzarsi “sopprimendo le aziende nazionalizzate che non garantiscono profitti e aprendo al capitale privato quelle che rendono”. Nel mirino del lord thatcheriano la siderurgia, le ferrovie, le acque, il gas, il carbone. Tutta roba da sfrattare coi relativi lavoratori e sindacati, tutti catalogati come sicuri “nemici interni”. Al punto che il Rapporto non tralascia di dare “indicazioni precise sulla necessità di ampliare le  possibilità di  intervento poliziesco e di concedere ai tribunali poteri sufficienti a dichiarare illegale ogni efficace risposta  di lotta” (e infatti per stroncare i minatori viene messo in campo “una svolta autoritaria che ha conferito alla polizia un profilo analogo a quello di un’armata di occupazione”).
I primi a cadere sono i ferrovieri della British Leyland; seguono  i siderurgici, decapitati nel 1980 di 100 mila unità; poi viene il pubblico impiego. E poi è  la volta dei minatori (all’epoca l’industria estrattiva britannica è la più forte di tutta la Cee).
Il capitalismo ha vinto, il liberismo ha vinto, la Thatcher ha vinto. Soprattutto la City ha vinto: infatti incassa, grazie alla politica di Maggie, enormi profitti ed è rapidamente in grado di piazzarsi come la più forte d’Europa. E se i minatori crepano, lei festeggia il suo primo Big Bang!
Historia docet…

Fonte: www.rifondazione.it

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