Diretta Streaming del IX congresso di Rifondazione da Perugia
IL IX. Questo “Straordinario Congresso”
Si apre fra due giorni il IX Congresso di Rifondazione Comunista, lo “straordinario Congresso”: inizio venerdì 6 dicembre alle 15,30 presso l’hotel Centro Congressi QuattroTorri di Perugia; chiusura domenica 8. Un confronto che si svolge sulla base di tre documenti, al primo dei quali si affiancano sei emendamenti votati nei congressi di circolo. Un confronto non certo scontato a dieci mesi dall’ultima sconfitta elettorale subita, febbraio 2013.
“Straordinario Congresso” dunque al via. Con quali “numeri”, premesse, attese, accuse, umori e malumori, tensioni? È la prima domanda che Liberazione pone a Marco Gelmini, responsabile nazionale Organizzazione del Prc: «Congresso, quindi anche numeri, certo: la messa a fuoco della macchina del Partito. Che si è mossa bene, è il primo rilievo che mi sento di fare. Ultimi dati alla mano, risultano completati pressoché tutti i congressi dei circa mille circoli e delle 122 federazioni, che hannop visto la partecipazione di oltre 15.000 iscritti. Quanto ai risultati, siamo a 871 circoli e a 99 federazioni su 122 già censite sui voti ai tre documenti: entro giovedì il calcolo definitivo. Come vedete, la nostra macchina-partito ha funzionato tutto sommato bene, e se si registra un po’ di lentezza nel dare “i numeri”, ciò è dovuto al fatto che tutto il lavoro per l’elaborazione dei dati viene portato avanti con un apparato ridottissimo e a forza di puro volontariato. Un ringraziamento vivissimo ai compagni dei circoli e delle federazioni che si stanno prodigando a questo scopo; e qui, a Roma, nell’apparato nazionale, un grazie particolare a Silvia, Mimma, Vittore, Vito, Stefano, Stefania, Bibi, Elisabetta che si danno da fare gratuitamente».
In base ai dati che hai, quale il quadro complessivo per quanto riguarda i tre documenti e i sei emendamenti presentati?
«Il documento n.1, primo firmatario Amato – “Ricostruire la sinistra, per la rivoluzione democratica e il socialismo del XXI secolo” – raccoglie oltre il 76% dei voti; il n.2, primo firmatario Bellotti – “Sinistra, classe, rivoluzione. Per un nuovo inizio” – circa l’8%; il n.3, presentato da oltre 500 iscritti – “Per la Rifondazione di un Partito Comunista” – il 16%. Se è possibile un primo giudizio: largamente vincente la proposta politica avanzata dal documento 1, nonostante il momento tutt’altro che facile che attraversiamo, la spinta di protesta che tira, i pericoli di frammentazione che si corrono. Bene dunque. Quanto ai sei emendamenti presentati sul documento n.1, i dati che ho qui adesso (99 federazioni su 122), gli emendamenti 1 e 2 – a firma Boghetta, quelli sull’Europa – risultano approvati in 9 e 12 federazioni; gli emendamenti 3 e 4 – a firma Albertini – in 20 e 16 federazioni; l’emendamento 5 – a firma Forenza – in 12; l’emendamento n.6 – a firma Mainardi – in 24. Sempre aspettando i dati definitivi, direi che in sostanza risulta non condivisa l’idea (emendamento 3, Albertini) di un processo di unificazione Prc-Pdci (come proposto dal Pdci previo auto-scioglimento dei due partiti e fondazione di un altro soggetto nuovo di zecca). Il Prc non si tocca. E risulta vincente l’idea che il Partito va “costruito”; l’idea vincente di un partito che è promotore della costruzione di una sinistra ma al di fuori, autonomo dal centrosinistra; di un partito “extraparlamentare”, rivoluzionario ma di massa, che mette al centro il dialogo e un lavoro con le forze sociali».
E l’emendamento n. 4, sempre Albertini, sul “tutti a casa”, sulla esigenza cioè di ricambio dell’intero gruppo dirigente, esigenza del resto ben presente e sottolineata in tutti e tre i documenti congressuali presentati?
«Sempre in base ai dati, mi sembra che il “tutti a casa” abbia trovato voce nel «prima vediamo i contenuti»; in altre parole, prima vediamo le proposte, definiamo la linea politica, verifichiamo il lavoro fatto e dopo discutiamo e decidiamo i dirigenti. Ma non c’è dubbio, rinnovamento e verifica sono due delle parole-chiave uscite dal dibattito congressuale e, più che necessario, direi che è vitale per il nostro partito raccoglierle e farne il miglior uso possibile».
Rinnovamento e verifica, appunto che cosa manda a dire in concreto, secondo i dati in tuo possesso, il dibattito congressuale?
«Manda a dire che gli iscritti devono “pesare”. Che gli iscritti non sono solo una tessera. Che i circoli non sono solo una targa su una porta. Che i circoli vanno “curati”, tenuti come soggetti degni di attenzione anche e direi soprattutto da parte dei dirigenti nazionali. Che almeno metà dei nostri gruppi dirigenti sia espressione dei territori. E che si dia spazio a una verifica autentica, sul campo, “sul lavoro fatto”, e finalmente fuori dalle imbalsamazioni correntizie e dal “parlamentarismo”. E che perciò magari faremmo bene a rendere costante, sulle questioni fondamentali, su tutto quello che riteniamo importante per la vita del nostro partito, il buon metodo della consultazione degli iscritti, dei militanti, dei circoli. In vent’anni abbiamo fatto (e solo recentemente), una sola conferenza nazionale dei circoli, dicesi una… E ci manda a dire che magari è necessario dedicarsi molto di più alla formazione politica e culturale della nostra comunità, e che sarebbe persino bello poter istituzionalizzare a tal fine anche una “scuola”. Una scuola permanente, che arriva dentro i circoli, dentro i territori».
E allora, il tema Liberazione è entrato poco o molto nel cuore di questo dibattito congressuale?
«È entrato, come tutto il tema, enorme, della comunicazione. Ma secondo me, non è abbastanza. È un campo, questo del nostro giornale, al quale dobbiamo dedicare molto più impegno, molte più energie, molta più attenzione, intelligenza e collaborazione. Liberazione, un nostro strumento di comunicazione, va salvata, sostenuta, rilanciata. Non solo perché è parte integrante della nostra storia, della nostra lotta, della nostra anima, ma perché se restiamo «senza parole», siamo appunto muti oltre che invisibili. Vedete, abbiamo lanciato un ottimo “Piano per il lavoro”, ma siamo riusciti poco a farlo uscire dalle nostre stanze, a farlo arrivare né all’attenzione del mondo politico né a quello mediatico. E se il giornale dunque è necessario – dobbiamo saperlo – ci tocca sostenerlo con le nostre forze. Dicesi autofinanziamento. E le voci militanti da me captate sino a qui sembrano dire che sì, si può fare, ho captato bene?».
A Perugia. A Perugia ci aspetta tutto un mare aperto.
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