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Introduzione
A sette anni dall’inizio della crisi economica mondiale, in Europa non se ne vede la fine. Tutti gli indicatori economici indicano che non abbiamo ancora raggiunto i livelli ante 2007. Anzi siamo ulteriormente regrediti. Sia che guardiamo il debito, o la crescita del Pil, o le diseguaglianze tra paese e paese e all’interno degli stessi, o l’andamento della produzione e della produttività, o il livello delle retribuzioni, o soprattutto la disoccupazione, emerge un quadro che non accenna a migliorare. L’Europa ha oggi 27 milioni di disoccupati. Nella sola zona euro i disoccupati sono 19 milioni, oltre 7 in più rispetto al 2008, con un aumento senza precedenti dal secondo dopoguerra che continuerà nel 2014. Aumentano le disuguaglianze tra gli stati membri, con una differenza di quasi 23 punti percentuali nel tasso di disoccupazione tra il livello più basso (Austria) e quello più elevato (Spagna e Grecia). Il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale è salito a 124,5 milioni nel 2012, il 24,8% della popolazione europea. L’Italia con il 29,9% è seconda solo alla Grecia nella zona euro. In questo senso la situazione è peggiore del periodo successivo alla grande crisi del 1929, quando sette anni dopo era in atto persino nel nostro paese una ripresa, poi stroncata dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Ma non in tutto il mondo la situazione è questa. Pure senza tornare ai periodi migliori, la disoccupazione sta lentamente diminuendo negli Stati Uniti d’America. Nei paesi emergenti la crisi è stata contenuta e limitata nei suoi effetti.
Questo accade perché l’Europa oltre che vittima della crisi lo è delle sue politiche. A differenza infatti di altri paesi, le politiche fin qui seguite dalla Unione europea, ispirate alla perpetuazione delle dottrine neoliberiste malgrado la loro evidente sconfitta storica, hanno portato il declino sociale ed economico a livelli fin qui sconosciuti. A tutto ciò si aggiunge un’altra grave e più recente minaccia: il Ttip (Partneriato transatlantico per il commercio e gli investimenti), un accordo discusso segretamente che permetterebbe alle imprese Usa di bypassare qualunque legge di tutela del lavoro o dell’ambiente nella loro attività in Europa.”
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