di Nando Mainardi – Ciò che sta avvenendo in questi giorni in Sel dimostra – una volta di più – che lo spazio politico delle “terre di mezzo” non esiste; che non esiste una terza via tra l’adesione al nuovo corso renziano del Pd e la costruzione della sinistra di alternativa. In fondo, la stessa fuoriuscita di diversi parlamentari verso il Pd – proprio nella fase in cui si è consolidato un significativo spostamento a destra da parte del partito di Renzi – ha che vedere anche con l’inesistenza di quello spazio politico. Nichi Vendola, commentando la scelta di Gennaro Migliore ed altri, ha affermato di “capire il fascino della narrazione forte di Renzi, ma la sinistra non deve mai portare all’ammasso il proprio cervello, deve esercitare pensieri critici, essere in grado di capire che oggi il suo vero compito è rompere la barriera dell’austerity, delle politiche che feriscono i diritti sociali”. Difficile capire come, da sinistra, possa essere considerata affascinante la “narrazione” di Renzi, che si sta spingendo nella direzione del compimento della torsione autoritaria – avviata a partire dal referendum che ha cancellato il proporzionale nel 1993 – della nostra democrazia: in tutta evidenza, la collocazione delle “terre di mezzo” non produce sufficienti anticorpi per cogliere l’opzione politica rappresentata da Renzi e sconfiggere ogni forma di subalternità. D’altra parte, Vendola ha ragione quando afferma che il compito della sinistra è rompere le politiche dell’austerity e mettere al centro i diritti sociali. Ma per fare questo, l’idea di proporre la ricostruzione del centrosinistra – e quindi di proporsi come la sinistra del centrosinistra (posizione piuttosto presente nell’attuale dibattito interno a Sel) – è in tutta evidenza sbagliata e inadeguata: il Pd, che di quel centrosinistra sarebbe il perno, non è né avversario né indifferente verso le politiche neo-liberiste. Per questo, pensiamo che Sel debba assumere la scelta di proseguire strategicamente nel percorso de L’Altra Europa. Abbiamo la possibilità di costruire una sinistra di alternativa forte e plurale come già è negli altri paesi europei, in cui a nessuno viene chiesto di sciogliere la propria organizzazione e a cui ognuno possa aderire con il proprio linguaggio e la propria cultura politica. Vanno superati timori e paure, e questa scommessa va giocata fino in fondo. Di “terre di mezzo” si muore, e tutti a sinistra hanno subito danni piuttosto gravi quando hanno scelto collocazioni simili. E’ ora di dimostrare che ognuno, per quanto gli compete, ha capito la lezione.
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