Per una Syriza italiana. Se non ora quando? – Paolo Ferrero (Manifesto, 26.6.14)
Nelle elezioni europee di un mese fa, la lista «l’altra Europa con Tsipras», dopo aver superato più sbarramenti – dalla raccolta delle firme al 4% dei voti – ha eletto tre deputati che sono andati a rafforzare le fila del gruppo della sinistra unitaria – il Gue – nel Parlamento Europeo.
Sul piano della rappresentanza possiamo quindi affermare: missione compiuta. Chi ha creduto nella lista Tsipras ha eletto persone che stanno facendo quello che avevano detto in campagna elettorale. Non è poco: gli elettori di Renzi hanno eletto deputati che in Europa governeranno con Berlusconi sulla base delle politiche neoliberiste e chi ha votato Grillo ha dato un contributo decisivo alla formazione di un gruppo in cui si annidano ogni sorta di razzisti e nazionalisti di destra.
A partire da questo risultato positivo e fondamentale, è oggi possibile e necessario porsi l’obiettivo di rispondere anche alla domanda implicita presente nel voto alla lista «l’altra Europa con Tsipras»: dar vita ad una sinistra degna di questo nome nel nostro paese. Non credo infatti di esagerare se affermo che nel voto alla lista esisteva un’eccedenza, un di più, che parlava di una speranza di dar vita ad una nuova fase politica, ad una Syriza italiana. Credo che a questa domanda occorra dare una risposta positiva. Marco Revelli, nei giorni scorsi, usava una metafora calcistica per porre il problema della prospettiva della lista. Passando al ciclismo direi che abbiamo vinto una tappa, adesso si tratta di vincere la corsa. Non è sufficiente amministrare il risultato, si tratta di fare un salto di qualità che è reso possibile proprio dal positivo esito elettorale.
Un salto di qualità nella costruzione di una Syriza italiana, può partire intanto da quella risorsa decisiva che sono stati e sono i comitati territoriali, sorti in quasi tutto il paese a sostegno della lista. Non in modo uniforme e non con lo stesso grado di condivisione e unitarietà, tuttavia un processo politico si è messo in moto, dal basso ed in forme inclusive. Certo la lista è stata costruita dall’alto – persino inserendo il nome di Alexis nel simbolo – e non poteva essere altrimenti. Penso che questo «processo dall’alto» abbia dato quel che poteva, con i suoi lati buoni e i suoi problemi. Penso che la stessa ingenerosa discussione post elettorale, che ha trasformato Barbara Spinelli in una sorta di capro espiatorio, sia segno di quei problemi «strutturali».
Detto questo, credo si tratti oggi di fare un salto di qualità, investendo strategicamente in un «processo dal basso». Consolidare i comitati esistenti e costruirne di nuovi in ogni città ed in ogni paese, porsi l’obiettivo di costruire l’altra Venezia come l’altra Firenze o l’altra Isernia. Costruire processualmente l’altra Italia nell’intreccio con l’altra Europa, a partire dalla declinazione dei temi e degli obiettivi dello stesso programma della Lista, mi pare è un passo possibile e necessario.
Una ulteriore grande risorsa su cui far leva, sono le relazioni in cui siamo inseriti come lista. Se è vero che è sul piano europeo che si gioca la vera partita, occorre far entrare l’Europa in Italia e valorizzare, in tutta la sua potenzialità, il nostro rapporto con il Gue e la Sinistra Europea. Da Podemos al Partito Comunista Portoghese, passando per tutte le forze che fanno parte del Partito della Sinistra Europea – Syriza, Izquierda Unida, Front de Gauche, Linke, ecc. – nel Gue vi è il complesso delle forze della sinistra che vogliono dar vita ad una alternativa su scala continentale. Costruire un processo di partecipazione dal basso, nei territori, che abbia come riferimento questo schieramento europeo, può aprire una prospettiva politica vera.
A partire da questi elementi fondativi, credo che si potrebbero stemperare le discussioni di tipo organizzativo sul percorso che ci porterà al 19 luglio, concentrandoci sulla prospettiva politica. In questa direzione a me parrebbe utile far si che l’assemblea del 19 luglio possa tenersi a Genova – città simbolo del movimento antiliberista e altermondialista, nell’intreccio evidente della lotta di ieri contro G8 e MAI e di oggi contro il TTIP – ed avere un carattere largo. Una assemblea pensata per una partecipazione ampia e diffusa sarebbe un buon modo per segnare un cambio di passo. Così come sarebbe utile che l’assemblea del 19 lanci un percorso di mobilitazione nel corso del semestre di presidenza europea, in cui potrebbe avere un significato politico di prima grandezza la convocazione di una manifestazione nazionale per l’autunno. Intrecciare percorso di costruzione politica e di mobilitazione sociale mi pare il modo migliore per dar vita a quella soggettività sociale, politica e culturale che superi i limiti che ci hanno caratterizzato in questi anni: se non ora quando?
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