Il sequestro della Ditta agricola di Correzzola (PD) per sfruttamento di lavoratori irregolari fotografa una situazione purtroppo assai diffusa. Non si tratta della “mela marcia in un paniere sano”. Quanto scoperto dai carabinieri è un segno del gigantesco ritorno del caporalato a cui forniscono braccia ricattabili la propaganda razzista e xenofoba e le leggi anti-immigrati volute da centrodestra e PD.
Dai dati raccolti e documentati in recenti inchieste del sindacato Flai-Cgil: «Nella sola provincia di Padova i lavoratori agricoli regolari sono poco più di cinquemila, di cui quasi l’80% stagionali con contratti a tempo determinato. Considerando anche altri 3-4 mila lavoratori titolari d’impresa, siamo comunque al di sotto delle diecimila unità. Un numero troppo basso rispetto al volume di prodotto raccolto nelle campagne padovane nel corso dell’anno. Non si può giustificare questo divario solamente con i progressi della meccanizzazione che permettono a poche persone di lavorare su grandi superfici. È evidente che ci sono molti lavoratori “invisibili”, soprattutto nei periodi di maggior raccolta, messi a disposizione dal mercato del lavoro nero».
Ed i lavoratori “invisibili” sono quelli gestiti, sfruttati e spesso violentati dal caporalato: sia quello autoctono (italiano), sia quello straniero implicato in questa indagine.
Quindi, non si tratta di una mela marcia in un paniere sano, bensì di un sistema ben strutturato di sfruttamento del lavoro migrante in agricoltura, funzionale al massimo profitto secondo le regole perverse e allo stesso tempo normali del capitalismo classico: estrarre dalla forza lavoro il massimo possibile di valore e fornendo in cambio il minimo indispensabile per mantenere in vita il lavoratore sfruttato, senza diritti, senza tutele.
Questa situazione non è più paragonabile alla servitù della gleba dell’800, e nemmeno al lavoro schiavile dell’antica Roma. In questo XXI secolo delle magnifiche sorti e progressive siamo andati oltre, e dobbiamo coniare nuovi termini per definire fenomeni che peggiorano di giorno in giorno le condizioni di vita e di lavoro di migliaia di lavoratori “invisibili” nel Veneto; di milioni di lavoratori “invisibili” in Europa.
Questo fenomeno fa il paio con quanto sta accadendo in questi giorni nel mare Mediterraneo. Stragi di migranti che cercano di attraversarlo per approdare in una nuova terra promessa – l’Europa – in cui sperano di trovare sicurezza e sopravvivenza per sé ed un reddito da inviare alle famiglie. Famiglie rimaste a casa, o nei tanti campi profughi disseminati ai bordi delle zone martoriate dai molti conflitti che anche l’Italia ha contributo ad innescare nel Medioriente e nel Nord Africa. I migranti che sopravvivono alla traversata non trovano l’Eldorado qui da noi, ma finiscono per lo più vittime del caporalato e dello sfruttamento schiavile di non pochi imprenditori.
È IL CAPITALISMO, BELLEZZA!
Paolo Benvegnù, segretario regionale Rifondazione Comunista Veneto
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