COMUNICATO STAMPA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA: “CONTRO IL TERRORISMO E CONTRO LE GUERRE!”.
Il Partito della Rifondazione Comunista di Padova aderisce alla manifestazione di oggi, mercoledì 23 marzo, ore 18, davanti Palazzo Moroni, contro il terrorismo e contro le guerre, ed invita tutti i militanti, gli iscritti ed i simpatizzanti a partecipare.
Qualcuno ha detto che la politica si può fare in due modi. Il primo, quello che condividiamo, è quello difficile: prevede l’analisi, la discussione collettiva, il confronto, anche la convinzione, alla ricerca di soluzioni condivise per i problemi, nel tentativo di garantire uguaglianza, giustizia, pace, diritti a tutti. L’altro, quello più facile, consiste nel provocare e sfruttare la paura e gli istinti più elementari per ingannare i popoli e perseguire il tornaconto di pochi. Evidentemente, questo secondo metodo è quello dell’Isis. Lo dimostrano le stragi di Bruxelles e di Parigi, ma più ancora i metodi usati contro le popolazioni nei territori del cosiddetto califfato ed in tutti i luoghi, a cominciare dal Kurdistan, che quello “stato” sta aggredendo, tentando di spezzare la resistenza di interi popoli.
Ma è anche il metodo di chi ha praticato e pratica lo sfruttamento delle risorse e il sostegno alle dittature, di chi ha finanziato e finanzia per il proprio interesse le guerre tra le fazioni e tra le etnie, di chi con la scusa di esportare la democrazia ha imposto con le armi i propri servi alla guida di molti paesi, di chi ora approfitta della situazione per tentare di regolare i conti con le minoranze ed il dissenso interno.
Ed è anche il metodo di chi indistintamente addita tutti i migranti, tutti i diversi, come nemici.
Chi sproloquia di “guerra di civiltà” dovrebbe dirci di quale civiltà si parla: di quella che mette le bombe uccidendo innocenti (qualcuno ricorda che è successo anche qui, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna?!), o di quella che dopo averne causato la fuga, dalle guerre, dalla povertà, dalle malattie, dalla desertificazione, ora rifiuta di accogliere i profughi?
La “civiltà occidentale”, ammesso che esista, non si salverà con le guerre, che produrranno altra disperazione, daranno alibi ad altri esaltati per uccidere e morire. Per salvare noi stessi dobbiamo salvare loro smettendo di armarli, di usarli per le nostre guerre, di farli morire mentre scappano, di bloccarli alle frontiere, di emarginarli nella clandestinità, di negargli i diritti, di sfruttarli per alimentare il nostro sistema di disuguaglianze e ingiustizia che arricchisce i pochi e impoverisce i molti.
Per questo ci siamo sempre stati, ci siamo e ci saremo.
Giuseppe Palomba, segretario provinciale del Partito delle Rifondazione Comunista
GIU’ LE MANI DA ARARAT!
(Gianni Sartori)
Minacce di sgombero calano come avvoltoi sul centro ARARAT di Roma.
Perseguitato in Turchia, il popolo curdo rischia di subire altre angherie anche nella nostra penisola.
Attualmente, oltre a subire vessazioni e repressione da parte del Governo turco, il popolo Curdo viene aggredito e minacciato dall’ISIS in territorio Siriano. Contro questi fascisti la popolazione si è opposta con coraggio e valore liberando la città di Kobane e salvando dal massacro altre comunità etniche e religiose presenti nella regione.
Ma ora, si parva licet, anche il nostro paese sembra intenzionato a dare il suo contribuito nel limitare i diritti del popolo curdo, in particolare di quei curdi, scampati ai massacri, che forse pensavano di aver trovato rifugio in Italia.
Come ricordavano alcuni cittadini. “da molti anni l’associazione ARARAT ONLUS svolge attività culturali e ricreative di grande rilevanza sociale; attività volte alla conoscenza della storia, della cultura e delle arti del territorio della Mesopotamia, zona compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate, culla della civiltà Indoeuropea, ma anche delle radici del popolo Curdo”.
E la denominazione stessa della Piazza dove risiede l’associazione (Largo Dino Frisullo) ricorda l’impegno di un cittadino romano che spese la sua vita senza risparmiarsi per la difesa dei diritti umani e civili del Popolo Curdo.
Un pro-memoria: il Centro ‘Ararat’ prende il suo nome dalla nave omonima che approdò sulle coste italiane il 3 gennaio 1998, in Calabria. A bordo circa un migliaio di curdi: famiglie intere,donne, bambini…tutti in fuga per scampare alla repressione turca. Per un certo tempo vissero a Badolato (poi riconosciuto come villaggio curdo) e successivamente sono giunti a Roma.
“Il centro Ararat -mi spiegano amici curdi – era nato nel maggio 1999 al Campo Boario, in un edificio inserito nel complesso in disuso dell’ex Mattatoio di Testaccio”. Quello che era soltanto uno stabile abbandonato divenne in breve tempo un dignitoso “spazio di accoglienza e di ospitalità, ma anche un luogo dove sperimentare forme di condivisione tra attività artistica e culturale, solidarietà civile e trasformazione del territorio”. L’edificio riportato a nuova vita venne ribattezzato con il nome di Ararat, il monte leggendario su cui si arenò l’Arca di Noè scampata al Diluvio Universale (portando in salvo tutte le specie animali e vegetali del pianeta). Ma Ararat era anche il nome dato alla prima nave carica di profughi curdi giunta in Italia. Da secoli il monte Ararat è un simbolo, una “Montagna sacra” per Curdi e Armeni, due popoli entrambi vittime dello stato turco.
In molti, nel corso degli anni, avevano contribuito alla realizzazione di questo spazio: in primo luogo i profughi curdi che vi hanno trovato accoglienza, ma anche varie associazioni come: Azad, Villaggio Globale, Senzaconfine, le Donne in nero, gli architetti di Stalker, l’associazione “Un ponte per…” (oltre a un gran numero di artisti e volontari).
Attualmente il centro è fornito di: sala da tè, cucina, barbiere, la sala di lettura (in cui è possibile leggere pubblicazioni sulla questione kurda e vedere il canale satellitare in lingua kurda Roj TV).
Tutte le attività (tra cui anche corsi di lingua curda e corsi di ballo curdo) sono autogestite e autofinanziate dagli ospiti del centro con la collaborazione di volontari e volontarie esterni. Parallelamente alla funzione di accoglienza, Ararat “è uno spazio in cui coltivare coraggiosamente la propria cultura e identità (pur mutevole e in continuo divenire), attività che diventa fondamentale per non sentirsi completamente persi dopo aver varcato il confine del proprio paese con la prospettiva di non tornarci mai più, o di non potervi rientrare per un periodo molto lungo”. Infatti la comunicazione delle ragioni dell’esilio alla società ospitante, ma anche delle bellezze e del valore storico della cultura di provenienza possono fornire un significativo percorso di inserimento e legittimazione per delle persone che hanno perso molto, e che molto sono state costrette a lasciare dietro di sé.
Non scordiamo che la Mesopotamia, culla della civiltà e luogo di scambio e di transito fra l’occidente e l’oriente, ha visto nel corso del suo sviluppo storico un moltiplicarsi di culture. In particolare è stata il luogo d’origine e sviluppo fra gli altri del popolo curdo. Analogamente qui, nel cuore della capitale d’Italia, Ararat rappresenta un ponte fra Oriente e Occidente, non soltanto un punto di riferimento per la diaspora curda nel nostro paese.
Oggi Ararat rappresenta una parte importante della città di Roma e anche il Comune e le istituzioni cittadine finora sembravano riconoscerne – seppur informalmente – il ruolo di accoglienza.
La funzione sociale svolta, ormai da anni, dall’associazione Ararat si concretizza nel costituire un punto di riferimento essenziale per i cittadini Curdi che in Italia vogliono chiedere asilo politico: a loro Ararat onlus fornisce servizi di orientamento e informazione per l’accesso all’audizione presso la Commissione Territoriale (Commissione che, per la Convenzione di Ginevra, riconosce la protezione internazionale per i rifugiati politici e di guerra). Tale attività è di aiuto e di supporto agli organismi istituzionali ed attua le linee di intervento per i rifugiati e richiedenti asilo, previste dalle direttive europee, senza oneri per lo Stato e per gli enti delegati e preposti all’accoglienza dei richiedenti asilo, quali i Comuni e Roma Capitale.
Gianni Sartori