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Sanità: WELFARE AZIENDALE (5), sulla diatriba Rossi/Lorenzin

Dal Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, aprile 2012: “Anche nel 2011 la gestione della spesa sanitaria presenta risultati migliori delle attese. A consuntivo le uscite complessive hanno raggiunto i 112 miliardi, inferiori di oltre 2,9 miliardi al dato previsto per l’anno… La spesa riduce la sua incidenza in termini di Pil, che passa dal 7,3% del 2010 al 7,1… E’ indubitabile che quella sperimentata in questi anni dal settore sanitario rappresenti l’esperienza più avanzata e più completa di quello che dovrebbe essere un processo di revisione della spesa (spending review).”

Quindi con buona pace di Gelli e Lorenzin e di tutti i professionisti della politica italiana, i governi neoliberali Monti e Renzi non si sono fermati con “l’ esperienza più avanzata e più completa della revisione della spesa” ma, incontrastati, hanno progredito speditamente sulla strada del definanziamento del SSN, i grossi sacrifici appunto. Ma perché?

Scriveva allora la prof.ssa Dirindin, oggi senatrice del PD “Quello che preoccupa è che tagli indiscriminati possano essere funzionali a un altro obbiettivo: il superamento dell’universalismo e della globalità della tutela sanitaria pubblica.” Nerina Dirindin, Università di Torino e Coripe Piemonte in SaluteInternazionale.info,2/07/2012.

Scriveva nel novembre scorso la Dirindin: Fino a qualche anno fa la sanità italiana godeva di buona salute, anzi era guardata con invidia dagli altri settori della Pubblica Amministrazione, in particolare dal resto del Welfare. Disponeva di risorse consistenti e vincolate (le sole escluse dal patto di stabilità) … Purtroppo, oggi, la realtà è cambiata. La sanità italiana appare in grande sofferenza … abbiam forse raggiunto il punto più basso della storia delle politiche di tutela della salute” sul sito della Dirindin il 15 novembre 2015

Il lavoro è fatto, il fondo appare raschiato, i cittadini sembre più disorientai e scoraggiati. Ecco è in questo contesto che interviene Rossi accusando i medici ospedalieri di essere la causa dello sfascio.

Ma per capire il fine della proposta rileggiamo cosa diceva l’ex Ministro della Sanità Umberto Veronesi il 10/03/12 al Corriere della Sera: “Chi supera una certa soglia di reddito dovrebbe uscire dalla copertura del servizio sanitario nazionale e rivolgersi alle assicurazioni private. Si formerebbe una categoria a parte, che stimolerebbe il mercato delle assicurazioni.” o cosa scriveva AffariItaliani.it, il 7.08.2012,: “Paolo Cattabiani, presidente di Legacoop Emilia Romagna, ha anticipato all’Unità e al Corriere della Sera che le coperative stanno studiando un piano per entrare nel settore sanitario. Cattabiani parla di “secondo Welfare”, soluzioni capaci di surrogare l’intervento pubblico, vista la crisi dello Stato Sociale. La mutua offrirebbe una serie di prodotti sanitari specialistici”.

E il nostro crociato contro la libera professione?

Continueremo a razionalizzare le spese ma bisogna andare oltre e con i sindacati già ne discutiamo: vanno create assicurazioni mutualistiche per diagnostica e specialistica, ormai la rete del privato sociale offre prestazioni a prezzi concorrenziali con il servizio sanitario nazionale per chi non è esentato dal ticket. Mentre Ospedali e medicina del territorio devono rimanere pubblici, questo è un principio irrinunciabile.” Enrico Rossi, La Repubblica, 24.09. 2012,

In questo senso non è escluso che si arrivi a chiedere un contributo responsabile a chi può pagare, in rapporto al reddito. E che si possa pensare che certe categorie di lavoratori possano fare una assicurazione privata finalizzata a garantirsi specialistica e diagnostica. Servizi che ormai si trovano nel privato allo stesso prezzo del pubblico con i suoi ticket. I tempi

cambiano, e in un quadro di crisi come quello attuale tutto gratis non può più essere.” Enrico Rossi, il Tirreno, 1.10.2012

Ecco appunto i tempi cambiano, e anche velocemente a quanto pare, e si sa la fame vien mangiando, non basta più ai privati la diagnostica e le visite specialistiche; il grosso del guadagno avviene con la chirurgia, e per incorraggiare il passaggio dei chirurghi più affermati, cioè con maggior clientela, alle case di cura private bisogna impedirgli di operare nel pubblico e fare ripartire mutue e assicurazioni private, come ai bei tempi della controriforma di Amato legge 502/92 art. 19 (ministro sanità De Lorenzo) in cui il cittadino poteva tenersi parte dei contributi sanitari per farsi un’assicurazione sanitaria privata lasciando la residua sanità pubblica ai ceti economicamente disagiati!

Risponde a Rossi la Ministra Lorenzin: “Sulla questione che pone il governatore Rossi ci si può ragionare nel merito, ma è una proposta vecchia”. E loro sono bravi nel confezionare i pacchi; hanno appena portato a casa il decreto appropriatezza (cioè il taglio di 204 esami diagnostici nel pubblico) che era la proposta di Fazio-Berlusconi bocciata dalle Regioni nel 2008.

Chiaro?!

L’importante è non farsi ancora una volta abbindolare dalla musica del pifferaio!

Chiediamo l’immediata applicazione della leglità!

Cordiali saluti

Maurizio Nazari 21 marzo 2016

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