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Continua la lotta contro il TTIP e il CETA

La Vallonia cede, gli StopCeta no

Pubblicato il 28 ott 2016

di Monica Di Sisto*

*Il trattato. In tutta Europa i comitati sono tornati in piazza e sabato 5
novembre si prevedono iniziative in molte città d’Italia, da Milano a
Torino, da Udine a Verona a Roma, dove una delegazione Stop Ttip è stata
invitata in Vaticano per partecipare all’incontro del papa con i movimenti
sociali*

La Vallonia, la regione belga cui risponde la capitale dell’euroburocrazia
Bruxelles, dopo aver bloccato per settimane la firma del Ceta, il trattato
di liberalizzazione commerciale tra Canada e Europa, e aver fatto saltare
il vertice ad hoc previsto per ieri, ha dato il via libera al governo Belga
perché permetta alla Commissione europea di procedere. La Vallonia aveva
detto di no al Ceta per le stesse ragioni per cui milioni di associazioni,
sindacati e cittadini in Europa e Canada vorrebbero fermarlo: l’accordo di
liberalizzazione commerciale tra i due Paesi, che dovrebbe portare
all’abbattimento di oltre il 97% tra dazi e dogane, ha la stessa struttura
e le stesse insidie del Ttip, analogo accordo che l’Europa non riesce a
chiudere con gli Stati Uniti a causa dell’ondata di contrarietà e
imbarazzanti dettagli emersi grazie al lavoro di controinformazione e
pressione delle campagne nate nelle due sponde dell’Atlantico.

Il Ceta, per di più, consentirebbe alle oltre 40mila grandi imprese Usa che
hanno consociate in Canada – tra cui giganti dell’agroalimentare come Coca
Cola, McDonald, Cargill, ConAgra foods – di ottenere gli stessi privilegi
che garantirebbe loro il Ttip: la possibilità di influenzare la
formulazione e l’applicazione di regole e standard che limitino i loro
profitti e la facoltà di citare i nostri Stati in giudizio, con il
meccanismo dell’*Investment Court System*o Ics, se si sentissero
danneggiate dalle regole democratiche. Questa possibilità è stata impugnata
dallo Stato della Vallonia, che nell’accordo «di resa», ha strappato al
governo belga alcune condizioni importanti.

Nel documento, infatti, si legge che la Vallonia chiede al governo belga di
valutare l’impatto economico e ambientale dell’applicazione provvisoria del
Ceta sul proprio territorio, dal momento in cui il parlamento europeo lo
dovesse votare e fino al termine del processo di ratifica da parte di tutti
e 27 gli stati membri dell’Unione europea. Chiede anche che il Belgio si
rivolga alla Corte di giustizia europea per verificare se l’Ics sia
compatibile o no con le normative dell’Unione.

La Vallonia si riserva comunque di tornare a bocciare il Ceta in sede di
ratifiche nazionali, e di bloccare così il «si» finale da parte dello stato
belga.

Questo documento sarà inviato alla Commissione europea, perché valuti come
inserirlo nelle dichiarazioni volontarie che accompagneranno il Ceta e che
sono il veicolo per zittire le opposizioni senza riaprire il testo, ma
allegandovi dei documenti che, però, non hanno alcun valore legale ne’
reggerebbero mai di fronte a nessuna delle cause commerciali Ics che le
imprese potrebbero intentare.

Un pericoloso contentino visto che il Ceta, stando a uno studio
dell’americana Tufts University, in cambio di qualche vantaggio in più per
un pugno d’esportatori oltre a causare una perdita di oltre 600mila posti
di lavoro minaccia regole importanti come quelle a protezione della salute
e della sicurezza alimentare. Nel rapporto *Butta quella pasta *pubblicato
dalla Campagna Stop Ttip Italia (www.stop-ttip-italia.net), si punta il
dito contro il previsto ulteriore ingresso di grano e di pasta canadesi,
carichi di tossine e di residui di diserbante. Le nostre leggi sui limiti
alla presenza di tossine nei cereali, infatti, sono stringenti e in Italia,
dalla scorsa estate, è vietato irrorare i campi, ma anche i parchi pubblici
e i giardini delle scuole con il glifosato, ingrediente chiave del
diserbante Roundup, prodotto di punta del colosso agroalimentare Monsanto,
dopo che l’Organizzazione mondiale della Sanità l’ha definito cancerogeno.
Questo massiccio ingresso di grano d’Oltreoceano, inoltre, deprimerebbe
ancora di più i prezzi al produttore, in caduta libera da anni, che fanno
sì che siano già oggi a rischio crack 300mila aziende agricole italiane e 2
milioni di ettari di terreno, soprattutto al Sud.

In tutta Europa, però, in attesa che anche il Canada faccia conoscere le
sue posizioni ufficiali, la resistenza al trattato continua: ieri i
comitati StopTtip/Ceta sono tornati in piazza a Bruxelles, Berlino, fresca
di vittoria elettorale delle sinistre, ha votato una mozione contro il
Ceta, e sabato 5 novembre si prevedono iniziative in molte città d’Italia,
da Milano a Torino, da Udine a Verona a Roma, dove una delegazione Stop
Ttip è stata invitata in Vaticano per partecipare all’incontro di papa
Francesco con i movimenti sociali. A un attacco alla democrazia e ai
diritti al quale, da oltreoceano al Vaticano, in tante e tanti non si
vogliono arrendere.

**vicepresidente di Fairwatch e portavoce della campagna Stop Ttip Italia*

fonte: il manifesto, 28 ottobre 2016

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