Le dichiarazioni sulle proprie dimissioni dell’ex presidente del CdA di Veneto Banca Beniamino Anselmi gettano una luce di verità sul progetto di fusione delle banche venete e gli fanno onore. L’operazione è in corso, con il ritmo veloce del blitzkrieg. Destinati a pagare il prezzo più alto saranno i dipendenti che, dalle dichiarazioni dell’ex ad contrario alla macelleria sociale, dovrebbero fare da agnelli sacrificali sull’altare del “risanamento”. Licenziamenti che, come è noto, sono necessari, propedeutici, nelle pratiche della finanza internazionale alle operazioni di fusione ed acquisizione.
Non è difficile intuire la volontà di rendere appetibile la preda agli avvoltoi della finanza nostrana e internazionale da parte delle governance delle due banche, un ampio numero di fonti specialistiche lo confermano.
Alle cittadine e ai cittadini truffati dal management delle banche e ai dipendenti destinatari dei pesanti tagli occupazionali in cantiere, il conto da pagare, agli speculatori, gli ampi margini di guadagno ancora possibili attraverso l’acquisizione a prezzi di saldo di partecipazioni in banche che hanno ancora un’importante radicamento territoriale in aree tra le più ricche d’Europa.
E’ il “capolavoro”, prova provata della miseria, di molta imprenditoria e della classe dirigente veneta, nella sua più larga rappresentazione. La ragnatela di complicità, ben ricompensate, che hanno permesso ai vertici delle due banche di agire per anni indisturbati si insinua in tutte le articolazioni della società veneta, nella politica e nelle stesse alte burocrazie dello stato e rilascia una fotografia impietosa della sua “cosiddetta” high society. Un sacco di spazzatura tenuto a galla dalla passione di molti veneti per i schei e dalla loro innata deferenza verso il potere. La vicenda della magistrata di Vicenza lapidata su pubblica piazza per aver osato, in anni ormai lontani, opporsi allo strapotere del cerchio magico di Zonin è adesso sotto gli occhi di tutti.
Aspettando, impazienti, che la magistratura vicentina faccia quello che deve fare, nell’opera di indagine e di scrittura di atti giudiziari che potrebbero ricordare, nei loro contenuti, un romanzo di Honoré de Balzac, resta la necessaria rivolta qui ed ora dei lavoratori e dei cittadini. Tra l’essere derubati dai padroni di sempre o sottoposti alla chirurgica potenza dei predatori della finanza esiste una terza via. Niente di rivoluzionario, per ora. In passato, negli anni della crescita sociale ed economica, le principali banche di questo paese erano pubbliche e ne hanno sostenuto lo sviluppo fino a farlo diventare uno dei principali paesi manifatturieri del mondo. Hanno saputo, pur con limiti e difetti che ora appaiono risibili, sostenere l’interesse generale.
I soldi pubblici già ci sono e altri saranno necessari. In questo quadro un intervento dello stato che riporti nel pubblico il controllo delle banche venete è l’unica via al risanamento, al loro effettivo rilancio sotto il controllo delle cittadine/i delle lavoratrici e dei lavoratori e delle loro rappresentanze per uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile anche, disobbedendo ai trattati europei.
Abbiamo già inoltrato attraverso l’europarlamentare Forenza un’interrogazione al parlamento europeo sul caso delle banche Venete siamo pronti a sostenere ogni iniziativa di lotta dei lavoratori in difesa del loro posto di lavoro e dei cittadini/e in difesa dei loro risparmi.
Paolo Benvegnù Segretario regionale Rifondazione Comunista Veneto
Segue l’interrogazione al Parlamento europeo presentata dall’eurodeputata compagna Eleonora Forenza
http://riforma.it/it/articolo/2016/11/30/ieri-pretoria-oggi-ankara
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GS