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Montatura contro il Si Cobas, Aldo Milani è fuori.

Fonte: http://popoffquotidiano.it/2017/01/28/aldo-milani-e-fuori-crolla-il-teorema-contro-il-sicobas/

«Ho letto le carte, Aldo Milani è estraneo ai fatti», spiega l’avvocata del SiCobas, Marina Prosperi. Si attende la decisione del giudice dopo l’udienza preliminare

di Checchino Antonini

16358839_10210800134614420_1060617729_n«Aldo è fuori!», annuncia con emozione Marina Prosperi, «lo stiamo andando a prendere!». All’uscita dal carcere di Modena, poco dopo le 16, Milani sarà quasi soffocato dalla festosa accoglienza di chi lo ha sostenuto con lo sciopero e il presidio. «Mi hanno tirato un tranello – sono le prime parole del 63enne milanese – una persona s’era presentata dicendo che aveva collegamenti alla Levoni…» «Su Aldo Milani non c’è nulla - aveva spiegato poco prima a Popoff, la legale del SiCobas, al termine dell’udienza preliminare e dopo aver letto finalmente gli atti della Procura –  perfino i Levoni nella loro denuncia chiariscono che non hanno assolutamente idea del suo eventuale coinvolgimento».

Dunque Aldo Milani, coordinatore nazionale del SiCobas, arrestato per estorsione assieme a un personaggio estraneo al sindacato di base, torna a casa con decisione della gip di Modena Eleonora De Marco, sebbene con obbligo di dimora in Lombardia e l’obbligo di firma. L’altro va ai domiciliari sotto scorta. Nell’udienza preliminare si è avvalso della facoltà di non rispondere, a differenza di Milani che ha ribattuto punto per punto. Daniele Piccinini, questo il nome dell’uomo, è legato a una delle cooperative che forniscono manodopera all’azienda dei fratelli Levoni. Il suo ruolo nella vicenda è ancora oscuro ma già dalle prime ore dopo l’arresto, il SiCobas aveva smentito la sua appartenenza al sindacato e s’era chiesto che cosa ci stesse a fare al tavolo della complessa trattativa.

52 licenziati di Alcar Uno, filiera Levoni, all’atto di fare richiesta di accesso alla NASPI, avevano scoperto che le cooperativa Alcar Uno, in appalto per Levoni, non aveva versato i contributi INPS utili a maturare l’assegno di disoccupazione. Milani ha chiesto che Levoni saldasse quest’ammanco, «ovviamente non certo consegnando del denaro liquido bensì versando le somme contributive mancanti attraverso le modalità previste dalla legge così come risultanti dai modelli F24!», specifica il SiCobas.

Il clamoroso arresto “per estorsione” ha ottenuto una copertura mediatica fuori dal comune per un mainstream giornalistico abitualmente cieco e ottuso di fronte alle vicende del sindacalismo combattivo. Troppi giornalisti si sono prestati alla pratica infame di sbattere il mostro in prima pagina senza altra prova se non quella fornita dalla questura: una velina e un video a cui era stato scientemente tolto l’audio. “Ecco il film della mazzetta”, «Pagate 90mila euro per la cassa di resistenza e non ci saranno altre mobilitazioni», sono solo alcuni dei titoli comparsi nelle ultime 24 ore per sostenere l’idea di una violenza strumentalmente pilotata durante le proteste. «Abbiamo il sospetto – ha detto il procuratore capo di Modena, Lucia Musti – che altri imprenditori siano stati vittime di questo sistema estorsivo. A loro chiediamo di farsi avanti. La pace sociale non può essere merce di scambio». Una bomba contro il SiCobas e contro la possibilità per tutti che possano esserci pratiche sindacali conflittuali che, molto spesso, in questi anni hanno conseguito successi che le tiritere concertative non sono mai state in grado di conseguire. Negli hub, a macchia di leopardo e specialmente al nord, sono proseguiti gli scioperi dei facchini e almeno cinquecento persone hanno manifestato anche oggi di fronte al carcere di Modena dove s’è svolta l’udienza preliminare. Assieme ai lavoratori SiCobas c’erano militanti di Sinistra Anticapitalista, Pcl e di Falcemartello che da subito hanno condiviso lo sdegno e l’incredulità per una vicenda giudiziaria che aveva tutto il sapore di una trappola, di una montatura.

Oggi davanti al carcere di Modena OGGI DAVANTI AL CARCERE DI MODENA

I confederali, che vedono come fumo agli occhi le pratiche non concertative, non hanno perso l’occasione di blaterare sulla legalità: «I fatti di Modena ancora una volta evidenziano le distorsioni presenti nel settore della logistica che versa in uno stato di degrado – scrivono unitariamente Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – sono in atto dinamiche distorte che denunciamo da anni e che inquinano l’intero settore e danneggiano i diritti e le condizioni dei lavoratori. Con l’istituzione del ‘Tavolo della Legalità’ del 2014 abbiamo chiesto un intervento strutturato del Governo per ripristinare regole e modalità trasparenti nonché attivare misure di contrasto ad ogni forma di illegalità». Una delle dinamiche distorte, però, la più dannosa per chi lavora, è perfettamente legale: la condiscendenza dei sindacati confederali ai dictat padronali, la subalternità ai governi, la rinuncia a dare voce ai bisogni dei lavoratori. Distorta, come dinamica, anche la “prudenza” nei confronti della macchina del fango sul SiCobas da parte di chi considera competitor ogni esperienza sindacale estranea alla propria parrocchietta. Con pochissime eccezioni (per esempio la minoranza Cgil, Il Sindacato è un’altra cosa, l’Adl, i lavoratori e delegati indipendenti Pisa), le sigle di base sono state timidissime con alcune punte di parossismo come quella toccata da Piero Bernocchi che ha preso parola per invitare «tutti i mezzi di informazione ad evitare qualsiasi confusione tra i Cobas e il cosiddetto SI Cobas». Una presa di posizione che ha causato malumori anche all’interno della sua organizzazione. «Un abuso terrificante, un atto repressivo gravissimo: arrestare segretari sindacali con accuse costruite ad arte per ingabbiare le lotte sul lavoro è fascismo puro», scrive Acad Onlus esprimendo «piena solidarietà ad Aldo e a chi come lui ogni giorno non abbassa la testa per rivendicare i diritti dei lavoratori».

FOTO DAL CORTEO DI ROMA

Da parte sua il SiCobas ha diffuso un terzo comunicato dall’inizio della vicenda, eccone uno stralcio:

Col passare delle ore diviene sempre più evidente l’infondatezza del castello accusatorio ordito dalla Questura di Modena contro Aldo Milani e soprattutto l’infame disegno politico che si cela dietro questa vicenda, teso a screditare e “sporcare” tramite un bombardamento mediatico la lotta portata avanti dal SI Cobas a livello nazionale contro lo sfruttamento nei luoghi di lavoro.

Il teorema della Questura, assunto come solenne da tutti gli organi di stampa è: due dirigenti del SI Cobas hanno ricattato un povero imprenditore estorcendo e ricevendo soldi dietro la minaccia di scioperi.

Analizziamo per punto per punto questo teorema, e vedremo che la verità è non solo diversa, ma per certi versi l’opposto di quanto sostenuto dai media.

1) Chi ha ricevuto i soldi? Come evidenziato nel precedente comunicato e come si vede dallo stesso video della Questura, non è stato Aldo Milani (coordinatore nazionale SI Cobas) a ricevere la busta coi soldi, bensì Danilo Piccinini, presentato dalla stampa come SI Cobas ma, lo ripetiamo e lo ribadiremo con forza in tutte le sedi competenti, non solo del tutto estraneo all’organizzazione ma presentatosi al SI Cobas in qualità di consulente del gruppo Levoni con lo scopo di avere un ruolo nella trattativa.

Di quanto affermiamo abbiamo prove certe ed incontrovertibili, che al momento sono al vaglio delle autorità inquirenti e che appena possibile renderemo pubbliche! (…)

2) Cosa chiedeva il SI Cobas a quell’incontro? La discussione con Levoni, come anche in questo caso abbiamo ampiamente chiarito nel precedente comunicato, era il frutto di mesi di lotte dei lavoratori sfociate in 52 licenziamenti. Si parlava di soldi? Chiaramente si, come in ogni trattativa sindacale, che per definizione ha ad oggetto richieste e rivendicazioni di natura economica.

E cosa chiedeva Aldo Milani per conto del SI Cobas? Chiedeva, con la forza e la determinazione che caratterizzano il nostro sindacato, nient’altro che il rispetto delle leggi vigenti iateria di CCNL. (…)

3) Una volta chiarita la strumentalità dell’accusa di estorsione e l’estraneità di Milani alla consegna di denaro (quindi gli aspetti di natura strettamente giudiziaria) resta il nocciolo politico della questione, ossia l’accusa di minacciare la controparte con l’arma dello sciopero.

Chi pensi di muoverci questa accusa sappia che come SI Cobas non abbiamo alcun problema a rivendicare appieno questo metodo, che si è articolato in migliaia di lotte e vertenza che hanno consentito a decine di migliaia di lavoratori di passare dalla condizione di schiavi di cooperative e padron i senza scrupoli, a titolari di diritti e soprattutto di un salario non da fame!

Chiunque ci muova una simile accusa, sia che lo faccia in maniera esplicita sia che lo lasci trasparire attraverso allusioni o stucchevoli “prese di distanza”, non solo avvalora il teorema accusatorio, ma si assume, tantopiù se si tratta di organizzazioni sindacali o di “movimento” a legittimare l’unico obbiettivo reale di questa inchiesta: legittimare l’attacco al diritto di sciopero, già attaccato pesantemente dalla miriade di riforme del mercato del lavoro (in ultimo il Jobs Act) e dalle normative antisciopero inasprite dai governi a guida PD e dall’attuale ministro del lavoro Poletti.

Montatura contro il Si Cobas, Aldo Milani respinge le accuse

27 gennaio 2017 

di Checchino Antonini (stimato compagno ed ex giornalista di Liberazione)

Respinge ogni accusa il dirigente del Si Cobas arrestato “per estorsione” a Modena durante una trattativa. Scioperi in decine di hub della logistica. Il giallo su un secondo arresto.

Un video muto in cui si vede il passaggio di una busta dall’ad della Levoni a un “consulente” in giacca e cravatta, è tutto quello che la questura di Modena mette a disposizione dei trascrittori di veline a proposito del clamoroso arresto del coordinatore nazionale del Si Cobas, Aldo Milani.

PARLA L’AVVOCATA

L’arresto del sindacalista è avvenuto a Milano nella tarda serata di ieri. All’una di notte la prima reazione del Si Cobas per rispedire le accuse al mittente e interrogarsi sulla presenza e il ruolo del consulente. L’uomo, arrestato anche lui, sembra essere l’esponente di una cooperativa che fornisce personale all’azienda. «Non c’entra nulla col sindacato e quale sia il suo ruolo è tutto da chiarire», spiega l’avvocata Marina Prosperi. Solo in tarda mattinata la legale di fiducia ha potuto incontrare Milani. «Sta bene e respinge ogni accusa di estorsione – continua Prosperi – quello spezzone non dimostra nulla. C’è stata invece una trattativa complessa sul reintegro dei lavoratori e su alcune somme che gli operai reclamano a vario titolo con conteggi precisi e con alcune cause già avviate. E’ di questo che Milani stava parlando senza sapere di essere ripreso, e che dimostreremo quando avremo anche il sonoro a disposizione. per ora non c’è alcuna contestazione formale e solo domani potrebbe svolgersi l’udienza di convalida». (n.d.r. L. F. Ora Milani è sempre agli arresti, però domiciliari)

Ma intanto la macchina del fango è già partita. Così si legge in agenzia: «Pagate 90mila euro per la ‘cassa di resistenza’ e non ci saranno più proteste o picchetti con l’interruzione dei lavori». La versione ufficiale configura così l’estorsione che nel pomeriggio di ieri ha portato all’arresto di Aldo Milani, coordinatore nazionale dei ‘Si Cobas’ e D. Piccinini, consulente sindacale che si era frapposto tra l’azienda del settore carni Alcar 1, della famiglia Levoni di Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena, e il ‘Si Cobas’. In un blitz degli agenti della squadra mobile modenese entrambi sono finiti in manette mentre ritiravano una prima trance di pagamento pari a cinquemila euro che i Levoni, in accordo con le forze dell’ordine, avevano appena consegnato ai due soggetti. Le indagini della squadra mobile, coordinate dal sostituto procuratore Claudia Natalini, sono partite lo scorso 13 gennaio, quando gli imprenditori Levoni hanno sporto denuncia segnalando che era in atto un tentativo estorsivo. La Alcar 1 è dallo scorso novembre al centro di accese proteste da parte dei Si Cobas, che hanno avuto un picco esponenziale nei mesi di novembre e dicembre scorsi, quando in più circostanze i picchettaggi, volutamente predisposti al fine di danneggiare le attività dell’azienda, fa sapere la questura, si sono caratterizzati con manifestazioni, non preavvisate, per il cui ripristino della legalità la polizia è dovuta ricorrere anche a cariche di alleggerimento e lancio di lacrimogeni. Il 17 novembre scorso un agente della mobile di Bologna era stato ferito dal lancio di un grosso masso che gli aveva causato ferite refertate con undici giorni di prognosi. Il 29 novembre scorso, ancora, nel corso di una carica di alleggerimento era rimasto ferito anche un giornalista del Resto del Carlino. I due soggetti arrestati si trovano ora nel carcere di Sant’Anna a Modena.  

Da quanto apprende Popoff, dal presidio in corso a Modena, l’uomo che ha ritirato la busta è estraneo al sindacato e s’era offerto di mediare perché “li conosceva”. Fin dalla notizia dell’arresto, il gruppo dirigente del SiCobas ha indetto un presidio di fronte al carcere di Modena. Domenica scorsa, a Milano, lo stesso Milani aveva raccontato a un’assemblea sindacale il tentativo di un’altra azienda di corrompere il Si Cobas nel corso di una trattativa. Un uomo di fiducia della ditta gli avrebbe consegnato una busta contenente “calendari aziendali” ma che in realtà erano duemila euro in contanti. Somma immediatamente riconsegnata all’ignoto mittente. Ora questa inchiesta clamorosa che, perfezionando la trappola, sembra puntare alla criminalizzazione dei settori più conflittuali di un settore dove il subappalto, la collusione tra padroni e mafie e la compressione dei diritti sono gli ingredienti più tossici dei salumi made in Italy. Nelle ultime settimane del 2016, intorno alla Levoni c’è stata una fortissima vertenza contro il licenziamento di 80 facchini della filiera del subappalto del noto salumificio. Ci sono state cariche della polizia e tentativi di sfondamento da parte di camionisti. Anche la Cgil locale ha dovuto ammettere che il sistema degli appalti nel distretto agroalimentare modenese è al di fuori delle regole, insostenibile, produce sfruttamento del lavoro e crea terreno fertile per infiltrazioni illegali e malavitose.  Quasi un terzo dei lavoratori è in appalto a cooperative che hanno una vita media di pochi anni, “moderno caporalato” che fa perno su un sistema di “false cooperative” per una provincia dove si fatturano 3 miliardi di euro l’anno nel comparto lavorazione carni. Si lavora 11 ore al giorno per 7-8 euro l’ora dentro la guerra tra i grandi nomi della salumeria che ha fatto precipitare del 40% il costo del lavoro.

La reazione alla notizia è stata forte già durante il turno di notte. Questa mattina s’è scioperato in una quarantina di hub, magazzini della logistica in diverse regioni, Piacenza, Modena, Milano, Piacenza, Parma, Brescia, l’interporto di Bologna e Roma mentre comincia a delinearsi dalle testimonianze una strategia della tensione che da tempo inquietava gli attivisti bolognesi: minacce sotto casa e in sede al coordinatore felsineo del Si Cobas, lo strano ritrovamento di una bustina di droga, oltre alla “normale” durezza dello scontro nei momenti di conflittualità in una regione che ha visto, alla fine di ottobre, l’omicidio di un sindacalista (stavolta di Usb) durante uno sciopero in un hub piacentino.

Anche nel torinese, la vicenda della Safim di None, azienda della logistica, vede licenziati quattro lavoratori rappresentanti sindacali del Si Cobas. Secondo Sinistra Anticapitalista, finora da sola nell’esprimere solidarietà al Si Cobas, sono storie che evidenziano la determinazione degli imprenditori del settore a non voler rinunciare allo sfruttamento senza limiti dei loro dipendenti.

Il sostegno ai lavoratori licenziati e al loro sindacato è tanto più doveroso nel momento in cui tutti gli imprenditori sentono di disporre di nuovo della libertà di licenziamento e purtroppo in molte situazioni la stanno usando.

 
Il comunicato SICOBAS sicobas-2017-01-27-arresto-milani secondo-1:

«E’ evidente che ci troviamo di fronte a un escalation repressiva senza precedenti – si legge nel primo comunicato del Si Cobas – lo stato dei padroni, non essendo riuscito a fermare con i licenziamenti, le minacce, le centinaia di denunce, i fogli di via, le manganellate e i lacrimogeni una lotta che in questi anni ha scoperchiato la fogna dello sfruttamento nella logistica e il fitto sistema di collusioni e complicità tra padroni, istituzioni e sistema delle cooperative, ora cerca di fermare chi ha osato disturbare il manovratore. Dopo le leggi liberticide sul lavoro, dopo la riduzione dei salari alla miseria, quanto i lavoratori hanno conquistato fin qui con le loro lacrime e il loro sangue viene messo nel mirino della repressione immediata che cerca di colpire chiunque osi ribellarsi e, soprattutto, osi praticare un’azione politica che vada nella prospettiva della liberazione dalla schiavitù del salario. Il disegno repressivo vuole distogliere l’attenzione dalle situazioni di sfruttamento in cui versa il mondo del lavoro e la logistica in particolare: contro questa barbarie si è alzato un movimento di lotta che non ha eguale negli ultimi anni, per durezza delle forme di lotta e per i risultati raggiunti.

La sostanza è semplice: con l’arresto di Aldo Milani si vuol mettere definitivamente fuorilegge la libertà di sciopero! Se il nemico di classe si illude di sbarazzarsi del SI Cobas decapitando il gruppo dirigente, si sbaglia di grosso! A quest’attacco politico frontale risponderemo da subito con l’unica arma che gli operai hanno a disposizione: l’autorganizzazione e la lotta. Proclamiamo quindi fin da ora la mobilitazione in tutti i luoghi di lavoro, e chiamiamo le reti di simpatizzanti e solidali a mobilitarsi nelle iniziative che nelle prossime ore saranno indette dal SI Cobas contro la repressione e per la liberazione immediata di Aldo».

 

sindacatoaltracosa – opposizione cgil

L’area programmatica IL SINDACATO E’ UN ALTRA COSA – Opposizione CGIL esprime la sua solidarietà al sindacato ed ai lavoratori del Si Cobas, colpiti dell’arresto del proprio segretario nazionale Aldo Milani il 26 gennaio nel corso di una trattativa sindacale, presso un’azienda del gruppo Levoni, nel contesto di un episodio dai contorni fortemente oscuri. La Procura di Modena, già in passato molto attiva nella repressione delle lotte sociali sul territorio, parla addirittura di estorsione (il garantismo in questo paese è sempre a senso unico) e Milani è stato tratto in arresto con modalità più adatte all’antimafia, che a un contesto sindacale. Talmente tante sono state le voci e le illazioni diffuse in queste ore a mezzo stampa e tanta la canea mediatica in stile “sbatti il mostro in prima pagina” da lasciare quanto meno dubbiosi. Ad ogni modo, in attesa che la vicenda specifica si chiarisca, quello che ci interessa in questo momento è tutelare il patrimonio di lotte che si sono sviluppate nel mondo (infame) della logistica italiana e di cui il Si Cobas è stato ed è indiscutibilmente uno dei protagonisti. Quelle lotte, agite da migliaia di lavoratori in tutto il paese, rappresentano un fronte di avanzamento sociale e democratico nel quale ci riconosciamo pienamente.
E’ questo ciclo di lotte, che probabilmente si è voluto colpire. E del resto la storia di questa mobilitazione è sempre stata costellata da provocazioni anti-operaie e antisindacali, attuate di volta in volta con gli strumenti più diversi: l’attacco ai picchetti, i licenziamenti collettivi, l’uso provocatorio di guardie giurate e polizia di Stato al servizio dei padroni, la criminalizzazione a mezzo stampa. E adesso le inchieste della Procura.
Se la Procura della Repubblica è in cerca di delinquenti (associati e organizzati) deve guardare “dall’altro lato” dei tavoli di trattativa, dove siedono quegli imprenditori che da 25 anni calpestano i diritti sociali e civili di migliaia di semi-schiavi, generando una giungla di precarietà, usufruendo di forme infami di dumping sociale, aggirando leggi, prassi e contratti. Questi sono gli “estorsori”, che condizionano e tengono sotto ricatto un intero settore del mercato del lavoro.

1 Comment

  1. silvio

    Togliere il Lavoro dal suo stato attuale di Alienazione è un obbligo per Ognuno di Noi.
    Silvio