fonte: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=27456
di Enrico Perilli*
Centro Italia. I disastri di Enel, Anas e Autostrade dei Parchi, ma la cattiva gestione del territorio è colpa anche di Province e Comuni cui i governi regionali e nazionali danno risposte sbagliate
Le Regioni del Centro Italia, in particolar modo quelle attraversate dalla catena montuosa Appenninica con esclusione della zona Tosco-emiliana, stanno vivendo una tragedia epocale. Quanto si poteva evitare di questa tragedia? O meglio, cosa si poteva fare di diverso da quello che abbiamo fatto sia in termini di risposta post-emergenziale sia in termini di prevenzione?
Vediamo per sommi capi l’atteggiamento dei singoli attori che hanno delle responsabilità primarie di governo e gestione del territorio.
Enel: la Rete elettrica si è rivelata di una fragilità assoluta, 100.000 persone senza elettricità per più di una settimana credo sia un record. Eppure Enel riceve dai cittadini contribuenti una quota parte della bolletta per la manutenzione e risoluzione dei guasti della linea. Perché centinaia di tralicci erano senza manutenzione da anni? Perché i gruppi elettrogeni non erano in dotazione all’Enel? Sono state chieste dalla conferenza dei capigruppo in Regione le dimissioni dei vertici Enel.
Anas: un tempo esistevano le case cantoniere con dentro mezzi e personale per l’ordinaria manutenzione viaria e per affrontare la prima emergenza. Furono considerate un residuato di un’epoca arcaica e diseconomiche e quindi dismesse. Da allora la manutenzione delle nostre strade statali non è migliorata, anzi è peggiorata, e in caso di prima emergenza l’Anas raramente è tra le prime ad arrivare sul posto; è del tutto evidente che se si lasciano accumulare sulle strade metri di neve diviene un’opera improba renderle agibili, bisogna intervenire nell’immediatezza delle precipitazioni nevose e per questo è necessario avere dei presidi sul territorio. Nel frattempo però Anas con i suoi rampanti capidipartimento si è data alle progettazione e agli appalti milionari. Le popolazioni dell’Abruzzo da anni lottano contro i megaprogetti Anas, chiedendo più attenzione al rispetto dell’ambiente, delle storie e delle tradizioni dei singoli territori che i progetti Anas andrebbero a colpire. Una delle richieste pressanti dei comitati e dei rappresentanti dei territori è quella di procedere non a nuovi mastodontici progetti ma alla messa in sicurezza dell’esistente.
La gestione delle strade è carente, le turbine di Anas non c’erano o sono arrivate dopo giorni, i mezzi erano pochi e mal collocati, le «vecchie statali» sono quasi senza manutenzione. Gli amministratori Regionali dovrebbe chiedere anche le dimissioni dei vertici Anas. Il flirt invece continua più appassionato che mai… ponte dopo ponte, tunnel dopo tunnel.
Autostrade dei Parchi: ai tempi delle case cantoniere esisteva anche la gestione pubblica delle autostrade, compresa la A24. In caso di neve l’autostrada non chiudeva. L’attuale gestione privatistica del Gruppo Toto chiude con cadenza regolare l’autostrada in caso di neve. Due certezze la gestione Toto dà agli utenti: l’aumento delle tariffe e la chiusura in caso di neve. Se nevica i costi di gestione aumentano, i rischi anche e allora è meglio chiudere, isolando l’intera Regione. Recentemente il Gruppo Toto ha presentato al Ministero un progetto di messa in sicurezza dell’autostrada, in cambio ha chiesto la gestione per 99 anni. Il progetto non prevede un potenziamento del sistema operativo in caso di mal tempo o di mezzi e uomini, ma tunnel e ponti di nessuna utilità tanto da essere rifiutato persino dall’allora governo Renzi.
Se analizziamo il comportamento e la capacità di intervento pre e post emergenza degli Enti Pubblici il risultato in termini di efficacia non cambia, in termini di responsabilità però ci sono delle profonde differenze.
Le Province, per tre quarti smantellate dalla scellerata riforma Delrio, non hanno più mezzi, personale, competenze per poter intervenire.
I Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, sono stati negli anni colpiti da una feroce politica di tagli che li hanno condannati a un’esistenza precaria.
I piccoli Comuni, come Farindola (Rigopiano), ai quali si chiede prontezza di intervento sono pressoché spopolati, con un organico di 5 o 6 dipendenti e un bilancio annuale che in caso di acquisto di un mezzo spazzaneve li manderebbe in default. Hanno subito negli anni la chiusura di distretti sanitari, scuole, servizi postali e ridimensionamento dei trasporti. Tutto questo ha causato lo spopolamento e la conseguente incuria dei luoghi (boschi, montagne, colline…) tanto determinante in caso di catastrofi ambientali (incendi, frane).
La risposta dei governi regionali e nazionali è sempre e solo stata in termini di infrastrutture, non riapro il distretto sanitario e il plesso scolastico ma ti faccio un bel ponte… cui prodest?
Onestamente va aggiunto che in molti casi la visione dei sindaci dei piccoli centri è assolutamente complice di quanto descritto, si dedicano a tempo pieno a guerre senza quartiere ai Parchi e Riserve naturali e auspicano per i loro territori lottizzazioni e speculazioni modello anni sessanta non comprendendo che è proprio questa prospettiva che porterà ulteriore spopolamento e abbandono dei luoghi.
Se il contesto è questo è naturale che i cittadini si sentano soli, in balia del destino, destino che la Commissione Grandi Rischi, con il gusto della vendetta, ci dice che potrebbe essere molto cattivo. Per poi salutarci senza neanche farci un in bocca al lupo.
*consigliere comunale di Rifondazione comunista all’Aquila
fonte: il manifesto, 31.01.2017
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