Ha fatto scalpore la notizia della donna che è stata costretta a un tour incredibile negli ospedali veneti per poter esercitare il suo diritto di scegliere di abortire. Diritto che ha potuto alla fine esercitare, per l’intervento della CGIL, nell’ospedale di Padova. Accade perché in questa regione la grande maggioranza dei ginecologi e delle ginecologhe impiegati negli ospedali sono obiettori. Quanto la loro scelta si dettata da ragioni etiche o da logiche adattative alla culture politiche che governano la regione e la sanità pubblica veneta non ci interessa. Quello che sappiamo è che in questo paese esiste una legge che le donne hanno saputo conquistare con la forza dei loro movimenti e delle loro lotte : la legge che le ha sottratte dalla pratica pericolosa e indegna di un paese civile degli aborti clandestini.
Le donne devono poter esercitare i loro diritti e i responsabili della sanità veneta devono garantire che questo avvenga. Il modo lo ha già indicato la regione Lazio con un bando per assunzione di medici che non si rifiutano di praticare gli aborti.
Il diritto all’autodeterminazione delle donne vale di più di quello dei medici pagati per il loro lavoro che si rifiutano di farlo.
L’otto marzo in piazza anche per questo
Rifondazione Comunista Veneto
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