Maurizio Acerbo: “ La riunificazione della sinistra italiana al centro della nostra proposta politica”
Intervista realizzata da Gaël De Santis
Martedì, 4 Aprile, 2017
Articolo originale su: Humanite.fr
Fonte: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=28558
Maurizio Acerbo domenica ha sostituito Paolo Ferrero nel ruolo di segretario di Rifondazione comunista. In un’intervista all’Humanité.fr, esprime un giudizio severo sul Partito democratico di Matteo Renzi e spiega il percorso unitario a sinistra che intende lanciare il suo partito.
Il Partito della rifondazione comunista (PRC) ha tenuto il suo congresso da venerdì a domenica scorsi a Spoleto in Umbria. La questione dell’unità della sinistra è stata al centro dei dibattiti. Bisogna dire che esistono non meno di cinque organizzazioni alla sinistra del Partito democratico (PD): il PRC, il Partito comunista italiano (il precedente Partito dei comunisti italiani), Sinistra italiana (SI, ex-Sel) che proviene da una scissione del PRC, Possibile, che raccoglie degli antiliberisti usciti dal PD con Pippo Civati. Nell’ultimo mese si è appena costituito Articolo 1 – Movimento democratico e progressista (MDP). Riunisce attorno all’ex-segretario del PD Pierluigi Bersani e all’ex-presidente del Consiglio Massimo D’Alema alcuni social-liberisti che hanno perso il controllo sull’apparato democratico a vantaggio di Renzi. Con i suoi 17 000 iscritti, anche se non è più presente nel Parlamento italiano dal 2008, il Partito della rifondazione comunista è un partito che conta nella sinistra italiana. È quello che, tra tutte queste forze, ha il più forte insediamento e attività locali.
Il PRC ha dunque deciso, in occasione del suo congresso, di invitare a raccogliersi in seno ad un “soggetto unitario” le formazioni che si vogliono “alternative al Partito democratico e al Partito socialista europeo”, un soggetto aperto ai numerosi militanti del mondo associativo, sindacale, pacifista o ecologista. Questa nuova formazione avrebbe un suo proprio progetto e si presenterebbe alle elezioni, condurrebbe delle campagne. Pertanto, i partiti pre-esistenti non sparirebbero. Le decisioni sarebbero prese, non da un cartello di partiti, ma dai militanti secondo il principio “una persona una voce”.
Per realizzare questo orientamento e darsi un’immagine di rinnovamento, il PRC si è dotato di un nuovo segretario generale, Maurizio Acerbo. Intervista.
Qual è stata la principale acquisizione del vostro congresso?
Maurizio Acerbo. La riunificazione della sinistra è al centro della nostra proposta politica, che è stata approvata da più del 60% dei militanti. La nostra idea è che bisogna andare oltre la sola alleanza elettorale e creare un “soggetto unitario”. Potrebbero parteciparvi non solo gli iscritti dei partiti di sinistra che esistono già, ma soprattutto il popolo della sinistra, queste migliaia di persone lontane dalle formazioni politiche che militano nel sindacato, nelle associazioni ambientaliste o nella difesa dei diritti civili. Queste ultime si sono allontanate dalla sinistra organizzata in seguito alla lunga serie di scissioni nel seno della sinistra e delle alleanze con il centro-sinistra.
Quali sono le forze interessate da questo “soggetto unitario”?
Maurizio Acerbo. Quelle che si definiscono sul terreno dell’alternativa al neo-liberismo e dunque al Partito democratico. Noi pensiamo che quest’ultimo sia l’incarnazione di una destra economica e non di una sinistra moderata. Apprezziamo dunque l’evoluzione dei nostri compagni di Sinistra italiana (che nel 2013 hanno costruito un’alleanza elettorale con il PD – NDLR). Si posizionano oramai come “alternativi al PD” e hanno deciso di aderire al Partito della Sinistra europea (PGE) – di cui siamo membri. Pensiamo che sia possibile lavorare insieme a Possibile di Pippo Civati. Si tratta di un compagno uscito dal PD su delle posizioni simili alle nostre. Questa proposta è diretta anche al Partito comunista italiano (ex-PdCI). Anche se abbiamo posizioni differenti sulla questione dell’euro, questo non dovrebbe impedirci la costruzione di un soggetto unitario. Il dibattito sull’Europa attraversa tutte le forze di sinistra presenti nel continente. Noi ci rivolgiamo anche alle esperienze, come quella di Napoli, con il sindaco Luigi De Magistris, con il quale governiamo da sei anni.
La divisione della sinistra conduce al fatto che il malessere popolare si dirige verso la destra o verso movimenti come quello di Beppe Grillo che non hanno dei contorni chiari.
In un tale soggetto, quale ruolo resterebbe ai comunisti?
Maurizio Acerbo. La nostra proposta non chiede a nessuno di dissolversi. Noi chiediamo semplicemente ai diversi partiti di fare un passo indietro per farne due avanti. Per questo, bisogna accettare di far parte di un nuovo movimento politico nel seno del quale gli iscritti ai diversi partiti decidano che fare e come fare con gli aderenti al soggetto unitario, secondo il principio “una testa, un voto”.
Un partito comunista non ha per unico ruolo quello di presentare il suo simbolo alle elezioni. Deve soprattutto fare elaborazione politica, organizzare le lotte sociali, giocare un ruolo sul terreno sindacale, condurre la battaglia culturale, essere un partito sociale che sviluppa le forme di mutualismo e di auto-organizzazione. Il nuovo ruolo del partito comunista non sarà di fare meno, ma di fare di più per uscire dall’isolamento, per far circolare le nostre idee e le nostre proposte.
Come hanno reagito al Vostro appello all’unità le altre formazioni di sinistra?
Maurizio Acerbo. C’è una disponibilità all’unità. Ma sembra che non ci sia ancora il coraggio di accettare di andare più lontano della sola proposta di una lista unica di coalizione elettorale.
Al contrario, noi pensiamo che bisogna andare più lontano perché cè grande disillusione tra gli elettori. Noi abbiamo bisogno di un messaggio che non sia solo quello di passare la soglia che permette di entrare in parlamento, ma quello di un grande progetto politico.
Il PD esce da una scissione “da sinistra”. Alcuni di coloro che provengono dal vecchio Partito comunista italiano storico hanno creato “Articolo 1-Movimento democratico e progressista” La vostra proposta si rivolge anche a loro?
Maurizio Acerbo. No. (Il precedente segretario del PD) Pierluigi Bersani e (l’ex-presidente del Consiglio) Massimo D’Alema, direttori d’orchestra di questa scissione, sono stati parte e protagonisti della mutazione genetica della sinistra italiana. Hanno sostenuto le politiche neoliberali, negli anni precedenti l’arrivo di Matteo Renzi a capo del PD. Ora, avendo perso il confronto interno al Partito democratico, si rimettono a dire cose di sinistra.
Di questa scissione, noi rileviamo soprattutto che dimostra una crisi della dialettica all’interno del PD e dei suoi dintorni. Ma Articolo 1 non ha niente a che vedere con una formazione che si mette nello spazio della sinistra europea. Al contrario, la nuova formazione propone una coalizione con il PD, per condizionarlo da sinistra. Si ha a che fare con uno scontro tra blairisti di ieri e quelli di oggi…
La vittoria al momento dei congressi locali del Partito democratico, della linea di Matteo Renzi (1) è un fatto importante?
Maurizio Acerbo. Questo dimostra che non esiste più una sinistra nel Partito democratico. In questo congresso, si osserva soprattutto un esodo lento degli aderenti e dei militanti provenienti dalla sinistra del PD. Renzi ha il sostegno dei capi locali del PD. Si tratta oramai di un partito composto di persone che hanno dei ruoli pubblici, di eletti locali, di amministratori di società pubbliche, d’imprenditori legati al sistema di potere del PD. È un’evoluzione cominciata ben prima di Matteo Renzi (segretario da dicembre 2013 – NDLR). Quelli che criticano oggi Matteo Renzi sono stati loro stessi gli attori di questa mutazione genetica.
Un altro attore importante della vita politica italiana è il Movimento cinque stelle (M5S). Qual è il vostro giudizio a questo riguardo?
Maurizio Acerbo. Il M5S non è stato al centro della discussione congressuale. Per quanto mi riguarda, anche prima della nascita di questa formazione, io mi sono sempre occupato di lotta alla corruzione, di proposte sul taglio dei privilegi agli eletti. Una delle ragioni per cui la sinistra ha perso per colpa propria, è quella di aver considerato questi temi populisti. Nel 2006, quando ero deputato, ho proposto una legge per tagliare gli emolumenti dei deputati e dei consiglieri regionali. Il mio stesso partito l’ha rifiutata sulla base del rifiuto del populismo. Allora c’era un altro gruppo dirigente. Beppe Grillo ha prosperato sulla delusione verso la sinistra radicale. Si può recuperare questa delusione se, come ha fatto Rifondazione in questi ultimi anni, la sinistra recupera le sue radici popolari, la sua abitudine alla sobrietà. La sinistra deve fare attenzione a non confondersi con quella che Marx, prima di Beppe Grillo, chiamava “la casta”.
traduzione di Laura Nanni – brigata traduttori
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