di Paolo Benvegnù
Bourgeois Paris soumet toi! Parigi borghese sottomettiti, arrenditi!
Questo lo slogan del quarto sabato di rivolta e di scontri a Parigi e nel resto della Francia.
Il movimento, nato nelle zone periurbane, innescato dall’aumento di sei centesimi al litro per il gasolio, è debordato, si è diffuso ovunque e ha investito la capitale. Quando il grano, è maturo anche una scintilla può incendiare la prateria. La maturazione è stata lenta e costante, passo dopo passo, nel crescere dell’insoddisfazione di un ceto medio impoverito, né di destra né di sinistra, che aveva investito in Macron, che lo aveva votato sfanculando socialisti e destra moderata, per fare dell’uomo della finanza il vincitore delle ultime elezioni presidenziali, ma soprattutto perché non vincesse la Le Pen.
Il consenso è durato poco. La miccia è stata l’aumento di 6 centesimi al litro del gasolio per autovetture, mezzo di trasporto necessario per chi vive fuori dai centri urbani e quindi immediatamente percepito come un taglio ai salari, agli stipendi, al reddito dei piccoli lavoratori autonomi. I blocchi dalle periferie si sono mossi verso le città e crescono come un’onda, nei numeri ma anche nei contenuti.
“È un movimento di destra, è sostenuto dal Front National”, e avanti così… Poche letture, disinformazione voluta.
Difficile diradare la nebbia che avvolge la rivolta francese. Questo è quello che è circolato in Italia nelle prime settimane. Certo, non ci sono gruppi dirigenti, uno stato maggiore riconosciuto, una piattaforma unificante per tutti/e, ma le parole d’ordine che girano nei presidi, nei blocchi urbani, hanno tratti di rivendicazioni nette sul salario, sul diritto alla casa, contro le privatizzazioni, per l’innalzamento a 1300 euro del salario minimo. Altro che reddito di cittadinanza dei 5stelle… Grillo se la può mettere via; non c’è niente del liberismo temperato, del programma del suo movimento nelle parole d’ordine che circolano nella rivolta francese.
Anche nel punto più ambiguo, quello che riguarda la questione dei migranti, l’accoglienza degna è un punto qualificante. Un punto di difficile gestione in un blocco sociale in via di definizione in questa fase della storia europea, ma l’impronta netta delle rivendicazioni salariali, porta un segno di rottura chiaro con le politiche liberiste dell’austerità. La ricchezza c’è! I conti che non tornano sono quelli della sua distribuzione. Ricchi sempre più ricchi e gli altri tutti più poveri, e quindi più scaglioni con tassazione crescente di chi possiede i redditi più alti. Una bestemmia per i gialloverdi che governano oggi in Italia, e per il Pd che li ha preceduti.
A qualificare socialmente il movimento, ad allargare il fronte, ci hanno pensato gli studenti. Quelli dei licei tecnici, dove continuano i loro studi le terze e quarte generazioni degli immigrati, che hanno impresso un’ulteriore radicalizzazione dello scontro con lo stato, ricevendo una risposta durissima che ha alimentato la reazione e la collera.
Soprattutto ci hanno pensato, con scelta coraggiosa e lungimirante, i settori di movimento che hanno deciso “di stare dentro”, di contaminarsi e contaminare. L’hanno detto e scritto i figli delle banlieues, i quadri sindacali protagonisti delle lotte contro la “loi travail”, gli antifa che a Parigi hanno deciso di partecipare, di essere presenti nelle piazze e nelle strade della capitale. Sabato 1 dicembre erano in tante/i, e così anche sabato 8, dopo che si erano tenute a Saint-Denis partecipatissime assemblee con un obiettivo politico chiarissimo: non lasciare spazio all’estrema destra dentro la rivolta. Sono stati accolti con applausi al loro arrivo ai blocchi, immediatamente accolti come parte integrante del movimento.
Oggi, alle 20, Macron avrà detto la sua. Forse avrà fatto delle concessioni, ma non cambierà niente.
L’obiettivo politico ormai consolidato è la cacciata del sovrano, in continuità con la storia francese. Una nuova presa della Bastiglia!
Neanche un rimpasto del governo cambierà qualcosa nella rivolta. Potrà esserci una pausa, un riflusso, ma una cosa è chiara, la rivolta francese è la rivolta contro le politiche di austerità, i tagli ai salari, ai redditi da lavoro, le privatizzazioni, l’impoverimento dei ceti medi e dei proletari: tutte costanti delle politiche della governance europea. Un formidabile balzo in avanti è stato fatto. Queste politiche ora hanno trovato, non una generica opposizione politica, ma si sono scontrate con un forte movimento di massa che allude alla possibile costruzione di un blocco sociale, che trova nelle strade e nei crocevia dei borghi che circondano le città i luoghi della sua ricomposizione, consapevole di sé e della propria forza.
Una insurrezione strisciante che durerà nel tempo, che non può vincere con un colpo solo, che può contaminare l’Europa, che ha già reso fragile un pilone decisivo nell’equilibrio del potere europeo. Non è questo il tempo per la rottura decisiva, ma la talpa ha ripreso a scavare con forza e più velocemente di quello che ci saremmo aspettati.
Non è ancora il tempo della Comune. L’obiettivo, per l’oggi, è la presa della Bastiglia. Lavoriamo consapevolmente per il domani.
10 dicembre 2018
Fonte: http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=36758
Qui un’intervista a Paolo Ferrero sui gilet gialli
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