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Sul bike sharing e il free floating

Come previsto in tempi non sospetti da tutti gli esperti del settore, gli esperimenti di bike sharing “free floating” (quelli in cui le bici si prendono e si lasciano dove capita) stanno fallendo lasciandosi alle spalle ferite e rottami.

In questi giorni sta finendo definitivamente la storia di OFO, una delle major del bike sharing “free floating”, che dopo aver raccolto diversi miliardi di dollari di finanziamento in meno di 2 anni finisce in una grave bancarotta. Ma se a fallire fosse un’azienda privata e a pagarne le conseguenze fossero solo i suoi investitori, questa sarebbe una storia tra le tante del moderno capitalismo.

Ma purtroppo non è così.

Negli ultimi due anni, in diverse città, le amministrazioni locali hanno fatto bandi per garantire il servizio di bike sharing “free floating” da associare (dove già presente) al tradizionale bike sharing a postazione fissa. Per tanti questo sarebbe dovuto essere il segno che la sharing economy avrebbe innovato le città, facilitato la vita, diminuito il traffico in città senza gravare sulle tasche dei contribuenti; anzi portando alla città un profitto. Le aziende che proponevano il servizio “free floating”, infatti, molto spesso si proponevano alle amministrazioni locali non solo di occuparsi integralmente di tutta la gestione del servizio, ma anche di garantire il pagamento di una quota fissa per bici introdotta in città. Il servizio si sarebbe sostenuto grazie al pagamento delle tariffe (molto spesso irrisorie) per l’uso.

La storia ci ha consegnato un panorama diverso. Nelle prime settimane di servizio molte amministrazioni si sono sobbarcate costi notevoli per limitare disagi e degrado causati dai rottami di bici danneggiate, vandalizzate, o abbandonate in luoghi di passaggio.

Ora che le maggiori compagnie stanno fallendo, ci si rende conto che in alcuni casi non sono stati pagati gli oboli promessi alle amministrazioni locali e, peggio, in alcuni casi non vengono restituiti i depositi cauzionali ai clienti. Non solo. Una volta chiuse le società di gestione tutte le bici vengono abbandonate nelle strade o nei depositi; rottami abbandonati, inutilizzabili, visto che per evitare furti o vandalismi le bici erano state progettate senza rispettare alcuno standard compatibile con altre bici in commercio. Rottami che toccherà alle amministrazioni pubbliche gestire.

Il caso di Milano, dove voci parlano di più di 900 bici anche in buono stato che OFO ha abbandonato dopo aver smesso il servizio cittadino, è solo il più recente. Tale fenomeno si era già visto in altre occasioni in altre città con altre compagnie (Torino, Firenze…)

Padova paradossalmente è scampata alla tragica esperienza “free floating” nonostante l’amministrazione comunale. Ai bandi infatti non si è presentato nessuno.

Ora altre sirene cantano alle orecchie dell’amministrazione. C’è già chi sta pensando ai sistemi di scooter elettrici in sharing free floating come alla soluzione della mobilità cittadina senza costi per le amministrazioni.

Nelle città in cui è già stato attivato (Milano, Torino e Roma) lo scooter sharing free floating non ha cambiato di molto le sorti della mobilità urbana e ha già dimostrato diversi limiti: non è accessibile a tutti (bisogna avere la patente e fidarsi di guidare uno scooter), non è molto economico e quindi se lo permettono in pochi  (il servizio ha costi d’uso elevati se comparati al bike sharing o ai mezzi pubblici), ha alti costi di gestione e alcune compagnie stanno già soffrendo (un’azienda belga, Scooty, è stata assorbita da Europecar per evitare il tracollo). Per tanto è un servizio che somiglierà molto di più a un car sharing più che a un bike sharing.

In una città come Padova che è a misura di bici e che dichiara di voler investire milioni di euro in percorsi ciclabili, lo scooter sharing non toglierà troppe auto dal centro e non cambierà la mentalità dei Padovani.

Ora dopo il drammatico fallimento delle esperienze private di “free floating” e della sharing economy, potrebbe essere il momento per Padova per essere davvero la città all’avanguardia, fornendo un servizio di bike sharing a basso costo per la comunità. Come?

I limiti e i costi principali di gestione della flotta del bike sharing sono l’acquisto delle bici e la loro manutenzione. In questo momento in cui OFO sta fallendo abbandonando le proprie bici, non sarebbe difficile recuperare parecchie bici a costi irrisori. Queste bici hanno uno standard unico e univoco per tutti i componenti, quindi una volta adeguata un’officina della città a gestire tale standard si può affidare la manutenzione ad un’azienda locale con un regolare appalto.

Per la gestione dei mezzi si potrebbe creare un sistema di gestione del servizio sharing in collaborazione con l’università; non più quindi un servizio costretto a mutuare la via cinese al bike sharing, ma che traccia la strada verso la via europea al servizio.

Un sistema pubblico ed aperto che possa essere mutuato e perfezionato anche in altre realtà.

Forse l’investimento per la comunità all’inizio sarà maggiore, ma i costi saranno certi e il ritorno sia i termini di gestione della mobilità urbana che di immagine per la città sarà notevolmente maggiore.

Importante inoltre ribadire due concetti fondamentali, ma semplici: lo sharing (bike, scooter o car) è solo un piccolo tassello nel mosaico dei trasporti. Se si incastra male su un tessuto urbano e viabilistico non pensato e disegnato per lo sharing (e per le bici) non serve quasi a nulla e non sposta di una virgola la mobilità cittadina. Le aziende private che propongono sistemi di sharing sono società che hanno fatto degli investimenti importanti e devono guadagnarci. Se non fanno utili se ne vanno. Il capitale privato non ha interesse nell’aumentare la qualità della vita dei cittadini indipendentemente dal profitto.

 

Articoli recenti

https://forbes.it/2019/01/11/OFO-mobike-bike-sharing/

https://www.repubblica.it/economia/2019/01/11/news/OFO_bancarotta-216326961/

https://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-12-19/OFO-vicina-fallimento-mobike-la-vendita-europa-173146.shtml

Vecchi ma interessanti

https://it.businessinsider.com/il-free-floating-e-in-perdita-ma-alle-aziende-cinesi-che-lo-offrono-interessano-i-nostri-dati/

https://thesubmarine.it/2017/10/02/total-war-bike-sharing/

 

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