Mentre Salvini si congratula con Trump per l’attacco terroristico ingiustificabile sul piano del diritto internazionale, chi si riconosce nei principi della Costituzione ha il dovere di mobilitarsi perché prevalgano le ragioni della pace. La condanna della folle iniziativa dell’amministrazione USA non può che essere senza se e senza ma. L’assassino del generale Soleimani può scatenare una guerra con l’Iran ed investire l’intero Medio Oriente, incluso il Mediterraneo. L’attacco Usa, in disprezzo della sovranità dell’Iraq, colpisce anche le speranze e le lotte del popolo iracheno che in questi mesi è sceso in piazza per rivendicare la fine di una politica fondata sulle divisioni settarie e uno sviluppo democratico e misure sociali, pagando un duro prezzo di sangue. L’appartenenza dell’Italia alla NATO e la presenza nel nostro paese di basi militari statunitensi e dell’alleanza atlantica accresce i timori di un coinvolgimento del nostro Paese nel conflitto. L’Italia e gli altri governi dell’Unione Europea non sono tenuti a seguire Trump in questa escalation militare che ha suscitato un coro di proteste anche negli Stati Uniti. Chiediamo che il nostro governo e l’Unione Europea si attivino in un ruolo di pace, frenando le spinte belliciste della Casa Bianca ed agendo con gli altri attori internazionali per l’avvio di un dialogo con l’Iran, cominciando con la rimessa in discussione delle sanzioni comminate unilateralmente dagli Usa. Occorre evitare qualsiasi coinvolgimento dell’Italia in uno scenario di guerra. Esigiamo per questo che si ritirino le truppe incautamente inviate in Iraq e si assuma un’iniziativa diplomatica forte verso tutti i soggetti coinvolti. Sul piano politico ed etico va evitato di essere di nuovo complici di guerre e azioni di terrorismo internazionale. Come ha giustamente evidenziato oggi l’editoriale di Tommaso Di Francesco sul Manifesto, è doveroso che il governo italiano dichiari l’indisponibilità delle basi militari che si trovano sul territorio italiano – da Aviano a Sigonella – per le operazioni che gli USA stanno conducendo in Medio Oriente. Nessun sostegno diretto o indiretto alla guerra di Trump. In Friuli Venezia Giulia, abbiamo lanciato un’assemblea dal titolo “Il Friuli non è una rampa di lancio”, che si terrà a Pordenone il prossimo 10 gennaio. Anche a livello nazionale è indispensabile che partiti, sindacati, associazioni e movimenti si uniscano su questa elementare richiesta al governo italiano. Ci rivolgiamo all’ANPI, all’Arci, alla Cgil, all’associazionismo pacifista, a tutta la sinistra, al mondo cattolico e a tutte le persone e le soggettività che si riconoscono nell’articolo 11 della Costituzione nata dalla Resistenza. L’Italia dica no alla guerra!
Maurizio Acerbo, segretario nazionale Rifondazione Comunista-Sinistra Europea
No alla guerra di Trump
NO alla guerra di Trump
No alla guerra di Trump
Cosa posso fare per contribuire a questa iniziativa?
No alla guerra, no alla dittatura
I funerali del generale Soleimani.
La cronaca giornalistica e le immagini diffuse in questa occasione mostrano la grande partecipazione della popolazione alla cerimonia funebre.
Il governo islamico si è impegnato con tutte le forze per far sì che il funerale diventasse la più grande solennità pubblica della sua storia.
Scuole, Università, fabbriche e uffici pubblici sono stati chiusi obbligatoriamente e nei tre giorni precedenti il funerale, il governo ha fatto una propaganda assordante facendo leva sul patriottismo, sul nazionalismo e sulle leggende religiose.
La vasta partecipazione al funerale di Soleimani si può interpretare come o “richiesta di dura vendetta” o “preoccupazione per la guerra” e in questo modo il regime islamico ha portato l’acqua al proprio mulino.
Le stesse strade un mese fa erano affollate da persone che gridavano slogan contro il regime e rivendicavano “pane, lavoro e libertà”. Il sangue dei manifestanti (1500 morti e migliaia di arresti), per la maggior parte giovani, ha scosso le basi del governo. Un mese dopo, l’uccisione di Qassem Soleimani, per mano degli Stati Uniti, ha favorito il rafforzamento del regime islamico in Iran.
La massiccia partecipazione ai funerali può dipendere da un’altra logica: la minaccia di conflitti e di guerra incombe più che mai sul nostro paese. Non c’è dubbio che la stragrande maggioranza degli iraniani che ha partecipato alla cerimonia abbia paura di una guerra e il governo cercherà di interpretare questa partecipazione come un appoggio alla richiesta espressa dalla guida spirituale Khamenei di “dura vendetta”.
L’atto degli Stati Uniti non favorisce di sicuro la lotta democratica per la giustizia sociale in Iran e mette in difficoltà il movimento democratico favorendo una maggiore repressione da parte del governo islamico.
Le voci che chiedono giustizia e democrazia per le strade, nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università, non possono tacere per sempre. Il “vittimismo”, il nazionalismo e il sentimento religioso propagandato dal regime non potranno mettere da parte la logica della “pancia vuota”.
Una cosa che si può apprendere da questi avvenimenti è che l’intensificarsi degli scontri internazionali e degli scontri militari, non solo non aiuteranno l’instaurazione della democrazia nel nostro paese ma porteranno a deviare o a emarginare queste lotte.
No alla guerra, no alla dittatura.
Semir Garshasbi
samgarsh@gmail.com
No alla guerra di Trump e che l’Italia si astenga da qualsiasi collaborazione