Al governo di Confindustria non va bene nemmeno il timido prolungamento del blocco dei licenziamenti fino ad agosto nonostante l’abbuffata di miliardi già ricevuti e quelli che si appresta a ricevere nei prossimi anni da quello stato che dovrebbe esistere il meno possibile.
E’ bastato un accenno di protesta di Salvini che si è tornati alla formulazione iniziale, osteggiata dai sindacati, che prevede la possibilità di licenziare dal primo luglio con le gravi conseguenze occupazionali note a tutti.
E’ la seconda retromarcia in due giorni, dopo il timido tentativo di introdurre una parvenza di tassa di successione, pubblicizzata come strumento estemporaneo e improbabile di affrontare il tema del fisco e di risoluzione dei problemi dei giovani di questo paese che esprimono una percentuale di
disoccupati di oltre il 30% e la più alta percentuale europea di giovani che non studiano e non lavorano.
Per recuperare lo smacco subito, per la verità senza grandi resistenze, “fonti di governo del Pd” rivendicano il pacchetto di incentivi a disposizione delle aziende per non licenziare e assumere che ripropongono logiche perdenti del passato, e oggi assolutamente insufficienti di fronte a un paese con 6 milioni di disoccupati reali.
Lo ripetiamo da tempo: solo una ripresa generalizzata delle lotte può contrastare le grandi spinte neoliberiste dei capitalisti nostrani e del governo amico; ora auspichiamo che le minacce di scioperi proferite vengano messe davvero in pratica per rivendicare una serie di proposte all’altezza della
situazione occupazionale del paese:
-no allo sblocco dei licenziamenti a giugno;
-estensione del blocco di licenziamenti e degli ammortizzatori sociali per tutto il 2021;
-ripristino dell’articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa;
-abolizione del jobs act e di tutte le leggi che hanno prodotto la precarietà.
Antonello Patta, responsabile lavoro nazionale
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea
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