Ambiente, In Evidenza

NO A PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA! MELONI E PD UNITI NELLA LOTTA?

Condividiamo la denuncia del Forum dei movimenti per l’acqua che giustamente accusa il governo Meloni di voler cancellare definitivamente con il DL Ambiente la volontà popolare che nel referendum del 2011 si era espressa per la ripubblicizzazione. Il governo vuole imporre la “partecipazione obbligatoria” di capitali privati alle spa dell’acqua. Il contrario di quello che si dovrebbe fare per gestire il bene comune più prezioso: le società per azioni anche quando le quote sono detenute solo dai comuni, ma in vari casi sono già diventate multiutility quotate in borsa, vanno trasformate in aziende speciali di diritto pubblico. Purtroppo anche il PD continua a operare a favore della privatizzazione. E’ quello che sta succedendo in Campania dove il sindaco PD e la giunta comunale di Napoli, con dentro anche AVS e M5S, stanno cancellando l’unica azienda speciale di diritto pubblico in Italia per ritornare alla gestione tramite spa. Anche la Regione Campania con De Luca va in direzione dell’ingresso dei privati. Tutto questo indebolisce la credibilità del cosiddetto “campo largo” come alternativa alle destre.

La norma del governo Meloni va respinta anche a costo di convocare un nuovo referendum. Il PD e i suoi alleati, soprattutto quelli come M5S, SI e Verdi che hanno sempre sostenuto di essere per l’acqua bene comune, sarebbe ora che decida di smetterla di operare per la privatizzazione.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale, Raffaele Tecce, responsabile enti locali e Elena Coccia, segretaria della federazione di Napoli del Partito della Rifondazione Comunista
Comunicato stampa del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
Il mio voto E’ CANCELLATO. Il governo Meloni vuole seppellire il Referendum del 2011.
Il governo Meloni si appresta a privatizzare definitivamente la gestione del servizio idrico nel nostro Paese. Risulta infatti in via di discussione in un prossimo Consiglio dei ministri la bozza di Decreto-legge “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico” all’interno della quale, alla lettera e) dell’art. 3, si può leggere che “…L’affidamento diretto può altresì avvenire a favore di società in house…con partecipazione obbligatoria di capitali privati a condizione che:
le medesime siano partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale e abbiamo come soggetto sociale esclusivo la gestione del servizio idrico integrato;
il socio privato, direttamente o indirettamente, detenga una quota del capitale sociale non superiore a un quinto;
al socio privato non spetti l’esercizio di alcun potere di veto o influenza determinante sulla società;”
Non sono bastati 13 anni, durante i quali, governi di diverso colore hanno continuamente ignorato l’esito referendario, ma ora, se questo decreto venisse licenziato definitivamente, si porrebbe una pietra tombale alla volontà popolare espressa nel giungo 2011 favorendo e rendendo di fatto prioritaria la scelta di ingresso di capitali privati nella gestione dell’acqua.
Ovviamente il pretesto è quello di aumentare i finanziamenti al servizio per renderlo adeguato in termini di ammodernamento della rete e di superamento delle condizioni di dissesto idrogeologico che interessano il nostro Paese e che ancora persistono, nonostante i continui aumenti tariffari (pagati dalle nostre tasche) registrati in questi ultimi 12 anni, grazie al metodo di calcolo della tariffa stabilito dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti (ARERA) che, evidentemente, con il suo principio di “Full Recovery Cost” si dimostra sempre più un buco nell’acqua. A nostre spese e a fronte di lauti dividendi ridistribuiti ai soci di quei gestori, a partecipazione pubblico-privata, già presenti sul nostro territorio.
Dopo il colpo di mano di Mario Draghi, che prima di mollare l’osso della sedia presidenziale del 2022, vieta la gestione dei servizi locali “a rete” (tra i quali la gestione del servizio idrico) attraverso Enti di diritto pubblico (così come espresso dall’esito referendario), e il conseguente “Testo unico sul riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” a firma di Giorgia Meloni con il quale si concedeva il rinnovo o la costituzione ex novo di gestioni in house tramite strettissimi paletti (tra i quali una giustificazione del mancato ricorso al mercato), ora gli Enti locali (Comuni o Regioni) si vedrebbero calare dall’alto questa nuova disposizione con la quale verrebbero usurpati di quote gestionali per una quota pari al 20% a fronte di una partecipazione privata di soggetti che senza “alcun potere di veto o influenza determinante sulla società” difficilmente rinunceranno a incassare il dividendo scaturito nella gestione del servizio al termine dell’esercizio invece che re-investirlo nel servizio erogato, contribuendo in questo modo a mantenere alte le bollette…e vuote le nostre tasche.
Tutto questo nonostante l’Europa non chiuda affatto la porta ad alcuna gestione, anche quella attraverso Aziende Speciali.
Sarà proprio all’Europa, nel condannare fortemente questo ennesimo tentativo di privatizzazione dell’acqua, che il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua si rivolgerà a breve con il deposito presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del testo di un ricorso che intende ristabilire il diritto negato dalla mancata eseguibilità dell’esito referendario del giugno 2011, per garantire a tutt* noi una gestione dell’acqua pubblica, fuori dalle regole del mercato, partecipata ed equa.
Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.
Roma, 1 Ottobre 2024
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

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