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Il patto stupido e la stupida guerra: togliamo, da sinistra, il pareggio di bilancio

di Roberto Musacchio -

Definito stupido addirittura da Romano Prodi, il patto di stabilità, architrave di Maastricht, di nuovo in vigore dopo la sospensione dei tempi del Covid (a conferma della sua stupidità va sospeso quando c’è un’emergenza), torna ora in discussione. Per la guerra e per il riarmo. Anzi, per le guerre. Perché, come prevedevano i movimenti di critica alla globalizzazione neoliberista, le guerre militari vanno insieme a quelle economiche e sociali, oggi sotto forma di dazi.

Come sempre la borghesia si mostra reattiva a difendere i propri interessi, e fa e disfa a proprio piacimento. In Germania, addirittura con il Parlamento uscente, è stato infranto in fretta e furia il dogma del pareggio di bilancio. Per fare armi.

Il pareggio di bilancio, il monetarismo e l’ordoliberismo sono i dogmi di Maastricht. Il pareggio di bilancio è il pilastro dell’austerità, usata per smantellare il modello sociale europeo e accelerare la lotta di classe rovesciata. È ideologico e antikeynesiano. In Italia era spinto da Ugo La Malfa contro la crescita dei salari e contro la scala mobile. Il Pci lo ha sempre rifiutato. Nel 2013 fu introdotto nella nostra Costituzione, votato da quasi tutti. Ma ancor prima, in contemporanea con Maastricht, ci furono accordi concertativi per sterilizzare le dinamiche salariali (con l’affossamento definitivo della scala mobile). Si diceva per combattere l’inflazione, il debito, e favorire il rilancio dello sviluppo. Cose che non si sono realizzate, anzi.

La sterilizzazione della dinamica salariale ha contribuito al fenomeno, ormai drammaticamente acclarato, di una perdita di salario reale che non ha pari in Europa. Una perdita che ha concause strutturali. Le politiche monetariste in un quadro di finanziarizzazione hanno favorito le rendite a discapito dei redditi, sostenendo la speculazione sul debito, così come già avveniva a partire dalla sostanziale privatizzazione della Banca d’Italia. Ancor più con l’euro, nominalmente moneta unica, in realtà soggetto ai mercati che speculano sugli spread. Le forme di integrazione passiva nelle catene del valore hanno portato a dumping salariali e esportativi strutturali, e a perdite considerevoli di produzioni industriali. E ora arrivano i dazi.

Si dirà che questi ultimi sono colpa di Donald Trump, e certamente non si può non essere ostili verso questa nuova destra tecno-feudale di miliardari che ha preso in mano gli Usa. Ed essere sdegnati dal comportamento di Giorgia Meloni, che antepone la sua amicizia ideologica con Trump al suo presunto sovranismo.

Già ai tempi della crisi finanziaria del 2008, gli Usa esportarono i costi dei guasti di un sistema di finanziarizzazione globalizzata, che nessuno mette in discussione neppure oggi. E gli accordi di cosiddetto libero scambio, di cui la Uè è stata protagonista, hanno seminato ingiustizie e conflitti. Così si passa dal pagare i dumping sul lavoro e sulle esportazioni della fase “magnifica e progressiva” della globalizzazione, a pagare i dazi.

Anche in questo caso però la destra mostra reattività. Il ministro Giorgetti a Cernobbio ha chiesto la sospensione del patto di stabilità per gli aiuti alle imprese. Le destre italiane sono specchio delle articolazioni di quelle europee. In prevalenza convergono sul riarmo scelto dal prevalente della Ue come chiave di sopravvivenza, in un contesto descritto come di guerra permanente con Russia e Cina e sotto attacco da Trump. Ma la Lega si è smarcata su ReArm. E Fdi si è astenuta sul documento sulla difesa europea, nello scenario di politica estera. Liberali e destre, e i vari Paesi, marciano uniti nel continuare a voler imporre il rovesciamento della lotta di classe, ma si articolano al loro interno per interessi e prospettive.

Invece del warfare, va costruita una via di uscita da sinistra. Si tratta di cancellare le norme riferite all’idolatria di Maastricht, come l’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio. Bisogna definire cosa è socialmente, ecologicamente, eticamente giusto finanziare. E come. Quindi non le armi, non le produzioni inquinanti, non le multinazionali.

Al contrario, serve finanziare il lavoro buono e dignitoso, il welfare, la riconversione ecologica, una re-industrializzazione che risani l’entropia della globalizzazione, l’ambiente, e ponga fine al vero sforamento insostenibile, quello della riproduzione ambientale. Su tutto ciò è necessario costruire cospicui bilanci europei, e impegnare direttamente la Bce. Servirebbe eccome un reddito universale stabile, come misura di cittadinanza europea garantita dalla Bce.

Affidarsi al riarmo come volano economico, mentre si hanno come nemiche tutte le principali economie mondiali, è una scelta sciagurata. Per neoliberisti e autocrati i dazi e le guerre stanno insieme. Serve uscire da questa follia. Serve una iniziativa diplomatica globale per la pace e la cooperazione economica e ambientale.

I referendum della Cgil sono un appuntamento fondamentale per recuperare salario, diritti e potere, e, oltre le leggi da abrogare, definire il contesto per mettere la lotta di classe nel suo giusto verso. Una lotta per rimuovere, da sinistra, il patto di stabilità e il pareggio di bilancio, sarebbe certamente utile.

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