David Gaborieau – Université Paris Est, “Il naso nel microfono. Ripercussioni sul lavoro del sistema dei comandi vocali nei magazzini della grande distribuzione alimentare.”
Intervento di DAVID GABORIEAU: sociologo del lavoro all’Université Paris-Est (Francia)
Vi illustrerò la tesi di dottorato in sociologia che ho presentato all’Université Paris-Est. Si tratta delle trasformazioni del lavoro di magazzino con l’introduzione di nuovi strumenti tecnologici. L’obbiettivo della tesi mostra come gli spazi della logistica si sono trasformati in spazi dell’industria. E mostra come si sia trasformato il mondo operaio francese e internazionale nel cosiddetto “mondo della logistica”.
Su 900mila persone impiegate nella logistica, 700mila hanno mansioni operaie. L’80% del lavoro nel settore logistico è lavoro operaio. Mentre, negli anni ’80 del secolo scorso, la logistica rappresentava l’8,6% del totale degli operai, oggi occupa il 20%. Ciò significa che il mondo operaio è sempre più logistico.
Questi dati sono poco evidenti nelle ricerche accademiche e specialistiche, ma forse in Italia non è così… Questa sottovalutazione è vera anche per il sindacato, non solo per il mondo accademico.
Ci sono fenomeni recenti che hanno permesso di rendere più visibile la logistica ed il lavoro al suo interno. Uno è il fenomeno Amazon, ormai ampiamente documentato. L’altro fenomeno è l’introduzione di dispositivi elettronici nell’organizzazione del lavoro, tipo E-SPEAKING, su cui si concentrerà il mio intervento. Non voglio parlarvi di Amazon, visto che ho studiato Amazon. Vi parlerò del legame tra tecnologia e lavoro.
Nelle immagini vedete (sopra dei robot, sotto delle macchine) il magico mondo della comunicazione in Amazon. Invece la realtà è rappresentata dalla diapositiva in basso a sinistra, cioè quella di migliaia di operai in una “usine à colis”: una fabbrica di colli.
Nella mia ricerca ho analizzato gli enormi magazzini della Grande Distribuzione in campo alimentare: come Carrefour. Per svolgere la mia ricerca ho fatto “osservazioni partecipate” all’interno di più magazzini, in incognito. Ho lavorato usando gli stessi strumenti degli altri operai: le cuffie a comando vocale ed il microfono. Una voce metallica ti dà i comandi e ti indica quale pacco devi movimentare. Una volta afferrato il pacco indicato, l’operaio conferma che quella azione preliminare è stata completata pronunciando una parola chiave. Avviene quindi una specie di dialogo tra l’operaio e la macchina. La macchina comanda specificando le procedure; l’operaio interagisce commentando le varie fasi della procedura con parole semplici e predefinite che fanno avanzare il processo e lo portano a compimento.
Il vero congegno organizzatore non sono le cuffie+microfono, bensì il software: esso organizza tutta la movimentazione dei colli; sia all’interno del magazzino, sia nell’uscita delle merci dal magazzino verso i grandi supermercati. Il lavoro materiale svolto dall’operaio e il software sono tendenzialmente uniti nel compiere l’organizzazione logistica.
L’esempio classico è la tastiera con cui l’operatore del supermercato comunica al magazzino la mancanza di un prodotto sullo scaffale, e l’operazione che questa comunicazione fa scattare nel magazzino attraverso lo stesso software. E’ l’ordine dei flussi di comunicazione. L’obbiettivo è chiaramente quello di aumentare il flusso di informazioni e la tracciabilità. Allo stesso tempo, la velocità dell’informazione aumenta l’intensificazione del lavoro (tendenziale annullamento dei tempi morti) ed il controllo sul lavoratore.
Un esempio specifico: mostrerò com’era il lavoro prima di tutto ciò. Prima, l’operatore compilava una lista su foglio di carta di tutti i prodotti che bisognava ordinare al magazzino; la lista arrivava al magazzino e solo allora diversi operai iniziavano a confezionare il carico di quei prodotti. A quel punto, il gran pacco di quei diversi prodotti veniva caricato sul camion il quale portava tutto al supermercato. In questi vari processi c’era spazio per una discreta autonomia del singolo operaio; di conseguenza, l’operaio poteva acquisire via via conoscenza. Per esempio, un tipico savoir faire nei magazzini “di prima” era quello di riuscire ad impilare correttamente tra loro colli di dimensioni e forme diverse. Era la “belle palette”. La belle palette era quella più facile da caricare e stivare nel camion; era la più facile da scaricare all’arrivo; la più facile, infine, da sconfezionare all’interno del supermercato, con i prodotti che arrivavano sullo scaffale. Oggi, con la E-SPEAKING non è più così. Ogni operaio non ha più la visione d’insieme nel processo, ma segue semplici e ripetitive operazioni, slegate le une dalle altre, ciascuna come una particella isolata. Sono riusciti ad organizzare un lavoro simile a quello della catena di montaggio, là dove una razionalizzazione così estrema non era necessaria.
Il software non tiene più conto del savoir faire del magazziniere perché è progettato per ottimizzare le prestazioni del supermercato. Infatti, oggi, il lavoro nel magazzino ha perso professionalità ed è subalterno rispetto al lavoro commerciale. In sostanza, la belle palette oggi è costruita sull’esigenza dello scaffale finale del supermercato. Il polo commerciale domina il polo logistico, considerato subalterno. La stessa subalternità è subita dall’operaio del magazzino. L’E-SPEAKING provoca un forte senso di isolamento nell’operaio del magazzino. Non c’è più bisogno di discutere del lavoro con i colleghi e inoltre le cuffie provocano un effetto di bolla sonora: come quando si ascolta musica. Se l’operaio parla con un collega, il microfono comunica con il software, il quale non riconosce quel dialogo non standardizzato e comincia a chiedere ripetutamente nelle cuffie di quel malcapitato lavoratore: “Ripeti. Ripeti. Non ho capito. Non ho capito”. È possibile togliere le cuffie per parlare con un collega, ma questo gesto diminuisce le quote di produttività individuale che vengono registrate dal software. Il software controlla quindi l’efficienza del singolo lavoratore secondo per secondo. Quando supera le soglie della produttività perduta, l’operaio ci rimette salario, fino a 300 euro in una volta… visto che le quote di produttività possono arrivare fino ad un terzo del salario totale, è ben chiaro che ogni lavoratore è costretto ad eliminare ogni contatto di dialogo con i colleghi, ad eliminare le pause per motivi fisiologici, ecc.ecc.
Non c’è stata una vera resistenza di contrasto all’introduzione di questi congegni elettronici nel lavoro. Si è parlato solo, all’inizio, di “modernizzazione del lavoro”, di “lavorare con il computer”. Anzi, all’inizio, questa nuova organizzazione del lavoro è stata accolta favorevolmente dai lavoratori. Fu perfino presentato come uno strumento che avrebbe aumentato l’autonomia del lavoratore: l’esatto opposto di ciò che si vede oggi. Si diceva: “Non avrete più bisogno di discutere con i vostri colleghi, né con i vostri capi”. E questa è autonomia nel lavoro… Invece, sono aumentate l’individualizzazione e l’alienazione.
In definitiva, non vi fu nessuna resistenza sindacale, ma vi fu quella che possiamo definire la “resistenza del corpo umano”. Infatti, da quando è iniziata questa nuova fase sono aumentati le malattie professionali e gli incidenti sul lavoro. L’E-SPEAKING ha aumentato del 15% la produttività e tanto bastò. Oggi, il tasso di infortuni sul lavoro nella logistica ha superato quello registrato nel settore dell’edilizia, tradizionalmente molto elevato. Per risolvere questo grave problema, le imprese ritengono necessario introdurre nuove tecnologie che risolveranno il problema: un vero circolo vizioso.
Guardate bene questa nuova casacca. La indossano i lavoratori della logistica nel settore alimentare. Nella casacca è incorporato un allarme che suona se l’operaio piega troppo la schiena oppure se piega troppo le ginocchia. Nei magazzini in cui è stata adottata sono aumentati gli incidenti alla schiena e alle ginocchia… ora si parla di introdurre degli esoscheletri che, indossati dagli operai, dovrebbero aumentare la potenza dei movimenti e quindi diminuire l’usura del corpo umano. Può sembrare una soluzione utile ma, in realtà, si tratta di aumentare la produttività oltre il limite della normale capacità umana. Piuttosto di cambiare l’organizzazione del lavoro si introducono congegni che aumentano comunque la produttività.
Come ultimo punto, vi parlo ora dei magazzini completamente automatizzati. Se ne discute molto oggi. Sono molto poco numerosi, ma se ne parla molto. È la risposta ad una specie di “impasse” (punto morto) legato alle questioni di salute e sicurezza sul lavoro nella logistica, e questa (l’automazione) è considerata come la via d’uscita miracolosa. Non so se questa si svilupperà e non voglio prevedere il futuro, ma di certo così diventa obsoleto ed invisibile l’operaio, il lavoro vivo. L’automazione completa, quella che espelle il lavoro vivo, contribuisce a convincere gli operai che sono obsoleti, che spariranno. Questo è grave. Infatti, gli operai che incontriamo oggi ci ripetono sempre questo discorso: “Stiamo scomparendo”. Circostanza veramente falsa se guardiamo le cifre, i dati che abbiamo visto all’inizio della presentazione. Ma il punto è che diviene impossibile difendersi quando si ha l’impressione di essere in via di estinzione.
Per questo motivo bisogna diffidare del miraggio delle nuove tecnologie. Per il capitalismo la completa automazione è un’arma ideologica, oltreché essere un modo di valorizzarsi e di rinnovare il cosiddetto sogno capitalista.